Dedicare un po’ di tempo a se stessi, alle proprie passioni è la scelta che Elena Passoni ha fatto a 46 anni: raccontare “piccoli pezzettini” della sua vita.
In questi “pezzettini” c’è anche il calcio: i suoi figli, Giulia e Federico, giocano e vedendo l’impegno e soprattutto la “luce che hanno negli occhi quando rincorrono il pallone”, l’hanno spinta a sedersi alla scrivania e scrivere… Un sogno nel pallone.
In questa intervista con Elena abbiamo parlato di tutto un po’…
Pronti?
Elena Passoni, presentati ai nostri lettori.
“Ho 46 anni, abito a Lecco. Sono la fortunatissima mamma di Giulia, 15 anni e Federico, 11. Ho una vita normalissima e serena, divisa tra il lavoro in ufficio, la mia famiglia, i miei amici, i libri e la musica. Mi piace stare in mezzo alla gente, organizzare cene ed eventi e andare ai concerti. Da un paio di anni ho deciso di aprire un cassetto che era rimasto chiuso per moltissimo tempo e di ‘rubare’ per me qualche ritaglio di tempo, per scrivere e raccontare storie, racconti che sono dei piccoli pezzettini di me e ci sto prendendo gusto!”.
Tu e lo sport in che rapporti siete?
“Mi piace molto lo sport anche se purtroppo l’ho praticato pochissimo da ragazza e mai a livello agonistico. Adoro però seguirlo in tv e mi appassionano molto le storie personali degli atleti; ammiro tantissimo chi si dedica anima e corpo a un obiettivo e chi si allena con impegno per perseguirlo. Trovo che lo sport in questo senso sia un po’ una metafora della vita e per questo sono molto felice del fatto che entrambi i miei figli giochino a calcio o che comunque pratichino attività sportiva”.
Parlaci del tuo racconto Un sogno nel pallone.
“Come gli altri che ho scritto, è nato per caso, una domenica mattina mentre accompagnavo mia figlia e la sua squadra ad una partita. Stavo osservando le ragazze mentre si riscaldavano. Ogni volta mi stupiscono per la loro voglia di stare insieme, per la loro passione, per quella luce che hanno negli occhi quando rincorrono il pallone. Le ho sempre immaginate come delle piccole guerriere, come in effetti sono. E così ho deciso di provare a raccontare le emozioni che mi trasmettono, che sono tante, anche a chi magari non conosce questa realtà”.
Il calcio femminile italiano. Secondo te si sta muovendo qualcosa?
“A livello di numeri sicuramente sì. Le società che aprono al settore femminile sono in costante e rapida crescita. Un tempo le ragazze con le ‘scarpette’ erano delle mosche bianche, adesso non è più così. Quello che invece trovo purtroppo ancora troppo ‘fermo’ è il livello di considerazione tra il grande pubblico. Il calcio femminile è ancora poco conosciuto anche perché poco promosso in generale e pochissimo trasmesso in tv. Purtroppo gli stereotipi tipo ‘il calcio non è sport da signorine’ sono duri da combattere. Altra considerazione, ancora più amara, è quella riguardante i pregiudizi ancora più pesanti e distruttivi riguardanti la presunta ‘poca femminilità’ delle calciatrici, oggetto in passato di commenti aberranti anche ad alti livelli. Su quello c’è ancora molto da fare e non solo nel calcio purtroppo”.
Scrivere di sport è diverso da scrivere un romanzo?
“Questa domanda mi coglie un po’ impreparata perché, purtroppo, per ora il mio primo romanzo è ancora nel cassetto, in attesa che trovi il coraggio e il tempo di portarlo a termine. Per come la vedo io però, non trovo una grandissima differenza perché, come ti dicevo prima, la cosa che mi affascina nello sport, più che la cronaca, è comunque il lato umano, la storia personale che c’è dietro ad ogni scelta, ad ogni sacrificio, ad ogni impresa. Se si scava bene le storie che si scoprono sono meravigliose e con un po’ di voglia di raccontare si può senz’altro coniugare il lato sportivo con quello da ‘romanzo’”.
Pensi già ad un altro racconto a tema sportivo?
“In realtà sì. Sono rimasta affascinata da un’impresa sportiva eccezionale che ho conosciuto tramite i giornali proprio nei giorni scorsi, quella della nazionale di calcio degli amputati. Mi è venuta voglia di saperne di più, di conoscere meglio e, se possibile, fare conoscere le storie di questi ragazzi straordinari. Mi piacerebbe molto scrivere un racconto su questo, ci voglio provare e spero di esserne all’altezza”.