“L’altra metà del calcio” non è la tifoseria, non è il 12° uomo in campo. Sono le donne nel pallone. Sono le donne che giocano a pallone. Non un mondo a sé, non una realtà di nicchia ma un universo che urla rispetto e dignità proprio come è per gli uomini. Il calcio femminile esiste, c’è, vive nel nostro paese e inizia a farsi sentire, a muovere nuovi passi, questa volta più decisi e sicuri che fanno rumore come quelli che si sono sentiti a Chieti nel corso del convegno Le donne nel pallone promosso dalle sorelle Giulia e Giada Di Camillo, le sorelle del Chieti Femminile calcio. Un rumore di passi talmente forte da incuriosire, tra gli altri, Gianluca Di Marzio noto giornalista di Sky, Katia Serra ex calciatrice della Nazionale ora rappresentante dell’Aic femminile e Daniele Ortolano presidente dalla Figc Abruzzo.
Personaggi, ognuno con le proprie esperienze, che per un pomeriggio si sono incontrati per parlare, raccontare e proporre soluzioni che portino il calcio femminile fuori dal limbo.
Solo in Spagna mi sono sentita una vera professionista
le parole dure ma inequivocabili di Katia Serra, ex Nazionale, che non ha lasciato e non può lasciare indifferente una nazione come l’Italia. “Quando è arrivata la proposta del Levante – spiega Serra – ho accettato e sono partita per questa avventura. Lì ho trovato un altro ambiente, un’altra mentalità e soprattutto una società che senti vicina e ti dà sicurezza economica. Anche questo aspetto è importante perché ho avuto modo di lasciare il lavoro e dire sì, faccio la calciatrice di professione”.
Un passaggio o meglio, un salto di qualità che il nostro paese ha il dovere di fare. Certo, molte cose sono cambiate rispetto a quel 1986 quando due bambine (Deborah e Manuela Gheduzzi), per poter partecipare al campionato giovanile, furono costrette a mascherarsi da maschietti tagliando i capelli e cambiando nome. Ora si sente forte l’esigenza di andare oltre, ma da dove partire? Dal calcio maschile, da quello che in Italia è lo sport per eccellenza. Come fare? Magari ripetendo in altri contesti regionali quello che si è fatto a Chieti: il gemellaggio tra la componente maschile e la componente femminile del pallone. Un connubio che, utilizzando le parole di Katia Serra. “Per le donne può significare acquisire maggiore professionalità ma soprattutto utilizzo di spazi e strutture; per i maschietti sarebbe un modo per ‘conoscere’ il nostro mondo e rispettare la scelta di chi vuole fare del calcio il proprio lavoro anche se donna”. Oppure per dirla alla Rosalia Pipitone, portiere della Res Roma che milita in Serie A: “Un incontro che potrebbe far tornare nei ragazzi la passione che avevano quando giocavano a calcio per le strade”.
Passione dunque, un termine spesso utilizzato dall’altra metà del calcio, un sostantivo che ha spinto Giulia Di Camillo a “tornare a Chieti, la mia città e credere nel sogno di portare la mia squadra in Serie A”. Ancora passione, quella che si lega in modo inossidabile alle donne, da qualunque punto le si guarda. “Con gli anni ho visto crescere le mie colleghe – afferma Gianluca Di Marzio giornalista Sky – All’inizio buttarsi nel giornalismo sportivo, era per molte la via più semplice per fare questo mestiere. Ora invece vedo professionalità e preparazione anche nel gestire argomenti spinosi. Per non parlare delle donne tifose che crescono di numero negli stadi e che, spesso, si dimostrano più combattive nel difendere la propria squadra”. Ancora la passione quale motore che spinge queste ragazze ad allenarsi, lavorare e studiare, fare sacrifici per un amore puro che non basta più, un amore al quale si chiede di più: alle parole devono seguire i fatti. Concreti. Reali. E in questo anche le istituzioni sportive devono fare la loro parte. “Bisogna cambiare mentalità. Sport come la pallavolo e il basket, tra le ragazze vanta dei numeri che il calcio può solo sognare. Il pallone rosa è oscurato, sono poche le luci, basti pensare che l’Islanda ha più calciatrici di noi” la triste realtà sottolineata dal presidente della Figc Abruzzo Daniele Ortolano. “Il calcio maschile ha interessi da difendere, il calcio femminile ha interessi da creare” afferma Katia Serra. Una doppia chiave di lettura che non necessariamente deve aprire due distinte porte, anzi può spalancare un portone al di là del quale c’è un campo aperto a tutti e a tutte dove, usando le parole di Gianluca Di Marzio:
Una donna per sentirsi professionista non deve andare all’estero ma deve giocare qui, nella nostra Italia.
A fine pomeriggio quei passi femminili allontano il rumore ma non il loro eco che ha intenzione di fare sentire costantemente la presenza rosa su un rettangolo verde.