Scacchi, una mossa con se stessi

di Fabrizio Santamaita

scacchiDue eserciti contrapposti si affrontano in uno spazio chiuso per una battaglia cruenta ma senza spargimento di sangue. Le regole d’ingaggio sono chiare e non c’è spazio per sentimentalismi: mors tua, vita mea. E’ la filosofia degli scacchi, il primo war game della storia nonché uno dei rari giochi in cui non esiste la fortuna.

Considerata a torto una pratica di èlite, questa disciplina è molto diffusa nell’Europa dell’est (dove viene insegnata nelle scuole) ed è in pieno boom negli Stati Uniti, in India e in Cina. In Italia come al solito siamo indietro, ma c’è un interesse crescente nei ragazzi soprattutto da quando si è scoperto che “lo sport dei re” è efficace contro il bullismo (poiché incanala la violenza sulla scacchiera) e sviluppa la logica e il problem solving; inoltre è suggerito agli anziani come rimedio contro l’invecchiamento precoce del cervello.

Negli scacchi sono fondamentali tre aspetti: la concentrazione, la conoscenza della tecnica e la creatività. Esaminiamoli uno per uno:

  1. LA CONCENTRAZIONE: se non si ha la mente libera da pensieri è meglio non accostarsi alla scacchiera, poiché essa richiede una dedizione totale che non va turbata: non si può giocare guardando la tv o smanettando sul cellulare. Ogni neurone dev’essere teso a cercare la soluzione migliore per vincere la partita;
  2. LA TECNICA: al di là delle regole di base, vi sono alcuni aspetti tecnico-teorici (la conoscenza delle aperture, la pratica del mediogioco, l’esperienza nei finali) che marcano il confine tra il dilettante e il giocatore che vuole misurarsi col mondo. E’ ovvio che un Grande Maestro (il grado più alto tra gli scacchisti) conosce un numero di aperture infinitamente più ampio rispetto ad un amatore, e riesce a calcolare fino a 14-15 mosse in anticipo rispetto alle 2-3 dei comuni mortali; ma è bene sapere che ci sono delle strutture precostituite – sia a livello tattico che strategico – davanti alle quali improvvisare può essere pericoloso, e allora ci si rende conto che studiare a tavolino diventa necessario se si ha qualche ambizione di classifica;
  3. LA CREATIVITA’: apprendere le strutture precostituite di cui sopra è importante ma poi bisogna avere la creatività per allestire il famoso “piano” che è l’anima degli scacchi. Il piano è il progetto tattico-strategico che un giocatore adotta per battere l’avversario, e va calcolato tenendo conto dei punti di forza e delle debolezze, sia propri che del nemico. Una volta superata la fase di apertura – in genere le prime 10-12 mosse – occorre analizzare la posizione che si è creata sulla scacchiera e, dopo aver valutato i pro e i contro, formare un piano mentale che ci conduca alla vittoria. A sua volta, l’avversario cercherà di intuire questo piano e di adottare le contromisure adeguate elaborando un piano alternativo. Nel corso della partita si fanno e si disfano più piani, e vincerà chi saprà adattare meglio la propria strategia, che quindi dev’essere flessibile. Di conseguenza, vince chi riesce a “leggere” meglio la situazione, in un flusso continuo di analisi che deve esplorare più risposte possibili per ciascuna mossa.

In conclusione, gli scacchi sono uno sport affascinante che non conosce oblio neanche nell’era dei videogiochi. A chi si meravigliasse nel leggere quest’affermazione si può rispondere che essi incarnano una delle aspirazioni più alte dell’uomo: migliorarsi continuamente in una sfida che – più che verso l’avversario – è in primis con noi stessi.

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