Momenti di pura euforia intervallati da momenti di pura tensione. In breve, potrebbe sintetizzarsi e chiudersi così un post dedicato al ciclo stagionale di una società di calcio.
Questo perchè nel corso di un’annata sportiva, il ritmo, l’intensità e le vittorie non sono le stesse, a volte mancano, a volte girano poco, a volte l’adrenalina supera i confini della realtà. Settimane intere in cui tutto va per il meglio: il leader è il trascinatore della squadra, il nuovo arrivo fa partite spettacolari, quel calciatore criticato per tanto tempo pare inizi a capire qualcosa in campo. Poi di colpo un tonfo: non si vince più e tutto va male magari anche a causa degli infortuni. Beh, sì. Quella degli infortuni è una variante che va presa in considerazione soprattutto se tocca un membro importante del gruppo; ricordo l’infortunio di Del Piero a Bari anni fa, gettò nel buio più assoluto la Juventus per parecchio tempo!
Così come il ruolo dell’allenatore. L’uomo seduto in panchina che gestisce e decide tecniche e metodi di allenamento ha una responsabilità ben precisa per l’esito della partita. I moduli di gioco e le tattiche in campo devono tener conto anche delle esigenze e delle caratteristiche tecniche dei uomini a disposizione.
E se sbaglia paga cioè viene esonerato o, a volte, decide di andar via e cambiare aria. Anche questo può alterare gli umori della squadra che, da un giorno all’altro, si ritrovano con una nuova guida, nuovi metodo di allenamento e nuovi schemi. Allora si scende in campo e se l’imprinting c’è stato si comincia e giocare bene, se il meccanismo non è scattato subito le cose possono cambiare repentinamente: l’avvicendamento sulla panchina del Napoli Mazzarri-Benitez non sta dando i risultati attesi così come quello tra Conte-Allegri alla Juventus.
In tutto questo all’esterno (ma non troppo) ci sono i tifosi che vivono la squadra in un’ottica sola: la vittoria. O meglio, si può perdere ma con dignità. Lo stadio è il tempio del tifoso, lì ogni volta accade uno spettacolo di cori, ole e incitamenti anche quando la partita si mette male purchè si vede carattere, grinta e voglia di vincere. Il tifoso pretende e tanto e spesso non capisce perchè d’improvviso le cose sia mutate in peggio e lì che lo spettacolo si trasforma e diventa protesta, contestazione (a volte oltre i limiti della civiltà).
Come la lettera dei Pescara Rangers 1976, il gruppo ultrà della Pescara calcio, nella quale prendono una precisa e dura presa di posizione contro giocatori (“Cari bambini viziati credo che abbiate capito che a Pescara non si viene per mangiare nei ristoranti o fare la bella vita nei locali notturni. Nulla vi sarà concesso”); contro l’allenatore (“Se la squadra non vince è dunque colpa dell’allenatore”) e contro la società (“date una svolta secca immediata e decisa nel brevissimo tempo oppure fate le valigie e andatevene tutti!!!”). Il tifoso ama la sua squadra come la propria donna (uomo) forse di più; e come un uomo (donna) non vorrebbe essere mai tradito della sua metà, così il tifoso non vorrebbe mai essere tradito dalla squadra: l’addio di giocatori simbolo, ne rappresentare il massimo esempio. Quando Alessandro Nesta dalla Lazio passò al Milan, non fu semplice per i laziali digerire la notizia, lo stesso dicasi per Roberto Baggio che dalla Fiorentina si trasferì alla Juventus.
Insomma, il tifoso si trova sempre in balìa delle situazioni e delle decisioni che si prendono ai vertici di una società. Non può mai vivere una stagione in pace, tranquillo, a godersi le vittorie dei “suoi ragazzi” e deliziarsi con i tocchi di classe dei “suoi” campioni. Ma il mondo del calcio è fatto di alti e bassi, come la vita, come l’amore. E i tifosi sono persone innamorate e, si sa: l’amore non è bello se non è litigarello!