Quando scende in campo l’etica

Ogni gioco ha le sue regole […] Le regole del gioco sono assolutamente obbligatorie e inconfutabili […] Non appena si trasgrediscono le regole, il mondo del gioco crolla. Non esiste più il gioco. Huizinga Homo Ludens

Ho voluto iniziare così l’articolo, con una citazione di questo libro (pubblicato in Italia nel 1946) perchè ritengo calzi a pennello con l’argomento del post e, in generale, con gli obiettivi del blog. Le regole del gioco, dunque come base di partenza per qualsiasi attività ludica all’interno della quale, rimanendo nello spirito di Homo Ludens, convivono serietà e divertimento, luoghi precisi e allontanamento dalla quotidianità, tensione e intensità, vittoria e rispetto.

Proprio il rispetto delle regole e degli avversari, al centro di un convegno svoltosi tempo fa a Pescara per i 75 anni della sezione arbitrale locale, mi hanno spinto ad approfondire la questione. L’etica e lo sport: mi ha sempre fatto pensare a un insieme di norme non scritte che disciplinano i comportamenti degli atleti (e non solo). Invece mi sono dovuta ricredere: proprio nel corso di quel convegno sono infatti venuta a conoscenza dell’esistenza del Codice europeo di etica sportiva approvato dai ministri europei per lo Sport nel 1992. Quindi regole scritte nero su bianco che normano i rapporti di etica nello sport, il cosiddetto fair-play che, secondo il Codice europeo, è “un modo di pensare, non solo un modo di comportarsi. Esso comprende la lotta contro l’imbroglio, contro le astuzie al limite della regola, la lotta al doping, alla violenza (sia fisica che verbale). Allo sfruttamento, alla diseguaglianza delle opportunità, alla commercializzazione eccessiva e alla corruzione”. Il gioco leale è alla base di questo complesso di norme che investe anche la “politica e gestione del settore sportivo”. Ho sempre sentito che il rugby sia lo sport per eccellenza nel quale lo spirito sano di etica, fair-play e rispetto si fondino ai massimi livelli.

E il calcio? Dov’è il fair-play nello sport più amato d’Italia? Esiste, anzi ha un’identità ben precisa: Comitato nazionale italiano per il fair-play, associazione benemerita riconosciuta dal Coni che, tra le tante iniziative proposte (www.fairplayitalia.it), nel 2013 ha siglato un importante accordo con l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) per la “promozione, nel rispetto di una libera e consapevole scelta, di attività di informazione diretta a diffondere tra i cittadini la conoscenza dei valori del fair-play e del rispetto delle regole”. Un’intesa che vuole portare alla creazione di un vero e proprio Albo nazionale comuni fair-play al fine di istituire, nelle giunte italiane, una delega assessorile al Fair-play.

Dalla “teoria” alla “pratica”, il concetto di lealtà sportiva dovrà pure scendere in campo e quale posto migliore se non le scuole calcio e i vivai, luoghi in cui il rispetto di regole e avversari deve essere la prima cosa a insegnare ancor prima dei fondamentali calcistici. E qui mi balza subito alla mente un esempio, anzi due, di buona pratica sportiva che vede coinvolta la stessa squadra: l’Ac Pisa 1909. Dicembre 2013:Ospedalieri-Pisa, categoria Esordienti Fair-play (già il nome del torneo dice tutto…). La squadra è diretta da Alessandro Birindelli, ex campione d’Italia con la Juventus, ora responsabile delle giovanili dell’Ac Pisa 1909. Durante la gara sugli spalti scoppia una lite tra genitori per un passaggio sbagliato. Un ragazzino non riesce a dare la giusta direzione alla palla, il papà di un suo compagno ne chiede il cambio in malo modo, il genitore di chi ha sbagliato non la prende bene. Le urla si sentono fino al campo e le sente anche Birindelli: “Se continuate così ce ne andiamo”. Il match prosegue, i battibecchi pure e Birindelli mantiene la promessa: richiama i suoi ragazzi, parla con arbitro e avversari e ritira la squadra. (www.ilfattoquotidiano.it)

Vorrei sorvolare volutamente sulla decisione della giustizia sportiva perche ritengo più importante sottolineare un altro aspetto: il ruolo di garante dell’educazione, del rispetto e della sportività ricoperto in quell’occasione da un ex calciatore, arrivato ai vertici del calcio italiano, rispetto ai genitori di quei ragazzi che hanno dimostrato durante la gara di possedere valori esattamente opposti. Altra gara, stessa squadra: gennaio 2014, i ragazzi di Birindelli rifiutano un rigore assegnato loro da un giovane arbitro che si era sbagliato. “Noi stiamo con Birindelli, con il Pisa e tutti quelli che si comportano come loro”. Così, Xavier Iacobelli direttore editoriale di www.calciomercato.it. E’ possibile che un allenatore debba “sostituirsi” ai genitori? Sì. Perchè in quelle ore in cui ci si allena, quando si va in campo, ragazzi e bambini sono sotto la responsabilità di altre persone che hanno l’indispensabile compito di insegnare ed educare quei ragazzi. Proprio come fa la scuola. Ancora sì, perchè lo sport ha tra le sue priorità formare, insegnare a vivere rispettando se stessi e gli altri.ETICA E SPORT

Poi entra in gioco un altro aspetto: i professionisti e come i loro comportamenti vengono imitati ed elogiati dai giovani tifosi (magari futuri fenomeni). Gesti di fair-play da parte dei big del pallone ne esistono diversi, fortunamente e di seguito ne cito alcuni.

DICEMBRE 2000: Everton-West Ham. Il portiere della squadra di casa, Paul Gerrard, uscì in tuffo ma le ginocchia lo abbandonarono.Travel Sinclar, centrocampista degli “Hammers” crossò al centro. Paolo Di Canio, solo, a porta vuota, decise di stoppare la palla con le mani: si rifiutò di segnare con il portiere avversario a terra.

SETTEMBRE 2012: Sampdoria-Torino. Daniele Gastaldello, capitano dei blucerchiati, verso la fine del primo tempo corregge una decisione arbitrale regalando il corner al Torino.

MARZO 2014: Werder Brema-Norimberga. Aaron Hunt, centrocampista del Werder, cade in area inducendo l’arbitro a fischiare il rigore. Una volta alzatosi, però, ammise la simulazione e il direttore di gara annullò il penalty.

MARZO 2014: Atalanta-Sampdoria. Sconfitta pensate per i liguri che subiscono un netto 0-3 che non è stato gradito da mister Mihajlovic. “Non dare il recupero” è la frase che il tecnico blucerchiato rivolse al quarto uomo. “Mi ero rotto di vedere una partita così. Dobbiamo lottare per la salvezza, mi assumo le responsabilità odierne” la dichiarazione post gara. Ho voluto evidenziare questo gesto di dignità sportiva che ha portato un allenatore a preferire la fine della gara piuttosto che continuare a vedere una prestazione così negativa. Una critica, anzi un’autocritica che deve far riflettere anche quei genitori dei quali si parlava poco fa…. A volte riconoscere un proprio errore o le difficoltà della squadra non è semplice, puo sembrare un passo indietro. Invece fa sentire migliori e in grado di crescere ancora.

Chiudo questo articolo con un comunicato pubblicato sul sito dell’Atalanta B.C.: “Lealtà, credibilità, e correttezza rappresentano i valori etici fondanti dell’Atalanta Bergamasca Calcio SpA. L’Atalanta BC crede nell’importanza della funzione sociale dello sport in generale e in particolare del gioco del calcio, quale strumento di formazione, educazione, integrazione e aggregazione e crede fortemente nella necessità che l’etica sia il mezzo per orientare i comportamenti dei dirigenti, dipendenti e dei propri collaboratori tutti”.

La società bergamasca ha fatto il salto di qualità adottando il Codice etico, quale sarà la prossima?

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