Quando leggi le statistiche di Patrizia Panico, ti rendi conto di essere di fronte alla calciatrice italiana più forte di ogni epoca. Il timore reverenziale (assolutamente naturale quando si ha l’opportunità di intervistare un Totem) scompare immediatamente di fronte alla sua umanità.
La tua passione per il calcio nasce fin da bambina, perché il calcio e, soprattutto, perché tifosa laziale, in quel periodo non certo uno squadrone.
“La mia passione per il calcio è nata naturalmente, fin da piccolissima, come naturale è l’amore peri colori biancocelesti, anche perché vengo da una famiglia laziale”.
Hai esordito giovanissima nella tua squadra del cuore, qual’è il ricordo più bello di quel periodo?
“Sono sensazioni difficili da spiegare, ho provato un’emozione fortissima il primo giorno di allenamento. Penso sia il sogno più bello, vestire i colori della squadra per la quale fai il tifo”.
In carriera hai vinto 22 trofei, qual’è invece la sconfitta che ti brucia ancora?
“Sono diverse le sconfitte che fanno male, forse la più clamorosa è stata l’eliminazione agli Europei per mano della Francia, avevamo a disposizione due risultati su tre contro una squadra eliminata ma, purtroppo, uscimmo sconfitti. Ricordo anche la sconfitta in finale contro la Germania, ma ero giovanissima. Ad ogni modo, ritengo che le grandi vittorie arrivino in conseguenza delle sconfitte”.
In Nazionale detieni il record di presenze e di gol (106), superando anche il mostro sacro Carolina Morace, numeri incredibili: tuttavia, in Nazionale non hai raggiunto gli stessi risultati conseguiti nei club, per quale motivo?
“Credo non sia una questione di club o nazionale, è tutto il movimento calcistico femminile che fa fatica. Basti pensare che in Champions league non riusciamo a superare i quarti di finale”.
Quali sono i movimenti calcistici più importanti in questo momento?
“Le potenze sono la Germania, la Svezia e la Francia. Hanno strutture adeguate che consentono di poter ingaggiare le straniere più forti. Inoltre, possono contare su un bacino di giocatrici molto più ampio, basti pensare che in Italia giocano 15mila giocatrici a fronte di 500mila in Germania e Svezia. Con questi numeri, risulta evidente che le loro squadre (nazionali e club) risultino più competitive”.
Riusciremo a diventare una potenza a livello internazionale, dal punto di vista calcistico.
“Difficile, se il trend continua ad essere questo. Occorre ristrutturare tutto il movimento calcistico, partendo ovviamente dai settori giovanili. Fino a quel momento, sarà impensabile riuscire a colmare il gap con le altre nazioni”.
A 39 anni resti la giocatrice più forte di tutto il movimento femminile, perché i talenti fanno fatica ad emergere?
“I talenti ci sono ma, purtroppo, il gap con Svezia e Germania si avverte dopo i 19 anni. Lo dimostra gli splendidi risultati della nostra Under 17. Per arrivare a giocare in serie A, occorre un salto di qualità ulteriore che i giovani non riescono ad avere, soprattutto per la mancanza di strutture adeguate”.
Hai fatto un’esperienza negli Stati Uniti nel 2010, nello Sky blue Fc, quali sono le differenze tra il calcio italiano e quello statunitense?
“Differenze abissali. Dal punto di vista tattico, sono parecchio indietro anche perché hanno una storia calcistica molto recente e, soprattutto, perché gli allenatori migliori del mondo sono italiani. Le calciatrici statunitensi hanno uno strapotere fisico, a 12 anni le ragazze sono già delle atlete e riescono a compensare le lacune tattiche grazie ad un atletismo esasperato. Il gioco è molto più veloce che in Italia e gli arbitri americani lasciano molto correre. Mi ricordo che alla prima partita, il primo fallo è stato fischiato al 42’ del primo tempo”.
Ti stai laureando in Scienze della comunicazione, ti vedi giornalista o continuerai a stare nel mondo del calcio, magari come allenatore?
“Mi piace il giornalismo ma ancora non so cosa farò ‘da grande’. Sicuramente se farò la giornalista eviterò di fare le domande banali che, spesso, sento rivolgere ai calciatori”.