Partecipare a un incontro di aggiornamento professionale organizzato dall’Ordine dei giornalisti intitolato Informazione e sicurezza stradale, e trovarsi poi a parlare di sport. E’ successo sabato scorso quando nel corso del dibattito ha preso la parola Paolo Beltramo, storico inviato di Mediaset nelle competizioni di motociclismo.
Un piacevole intervento quello del giornalista del quale mi ha colpito un passaggio. “Dobbiamo lavorare per riportare un po’ più di romanticismo nello sport; noi giornalisti dovremmo cercarne l’anima, quella vera. C’è troppo business”.
Eh, già! La trasformazione delle società calcistiche in società per azioni, gli sponsor che campeggiano su automobili e moto, hanno ridimensionato il vero senso dello sport. Le gare non sembravano essere rivolte alla vittoria nel senso di trionfo di squadra, di affermazione sull’avversario, quanto piuttosto vincere per guadagnare, fare soldi.
Il discorso di Beltramo, che mi ha fatto riflettere, pone l’accento, riferendosi ai motori, sulle differenti percezioni umane che si sviluppano nella Formula Uno e nella MotoGP: “Nelle corse motociclistiche – afferma il giornalista – il campionato piloti ha la precedenza rispetto alle scuderie. In Formula Uno invece il campionato costruttori ha una valenza superiore. Mi spiego: Vettel dalla prossima stagione correrà con la rossa di Maranello; per la maggior parte degli italiani lui sarà il nuovo idolo perché è la Ferrari che si ama. Valentino Rossi ha e avrà il suo pubblico indipendentemente dalla moto che guida”. E non è finta: “Con un pilota di moto – confida Beltramo – vai a cena, parli tranquillamente, puoi mettere da parte la formalità. Nelle gare automobilistiche, per i giornalisti c’è una zona loro dedicata dove fare le interviste, poi finisce tutto, non esiste altra interazione con i piloti”.
L’uomo e la macchina dunque, una “diatriba” che mi sembra un dilemma del tipo: la carne umana o il metallo, cosa fa la differenza? Io credo solo che lo sport lo amiamo perchè fatto da persone che hanno emozioni da trasmettere a chi lo ammira e anche a chi lo contesta.
Ascoltando Paolo Beltramo mi sono convinta, ancora una volta, che seguire lo sport che ci appassiona significa sentire il cuore che batte, cosa che la macchina non potrà mai avere.