Avete presente quei campioni che non si dimenticano mai? Le bandiere, esatto! Quelle che oggi sembrano sparite mentre nel calcio del passato erano un punto inamovibile per la squadra e per i tifosi.
Oggi parliamo di una bandiera per noi pescaresi, uno dei campioni rimasti nel cuore e nella mente dei tifosi della città adriatica: Michele Gelsi, 9 anni nelle file della Pescara calcio, il secondo nella classifica di presenze in campionato alle spalle di Ottavio Palladini.
Con lui abbiamo fatto quattro chiacchiere telefoniche tra calcio di oggi, quello di ieri e la realtà attuale del Coronavirus.
Cosa fa Michele Gelsi oggi?
“Ho uno stabilimento a Pescara che mi tiene impegnato per la maggior parte dell’anno, l’inverno vivo a Miami dove dal 2012 ho una scuola calcio”.
Ha scelto quindi di vivere in Abruzzo, cosa ama della nostra terra?
“E’ la città in cui ho giocato e messo su famiglia. Inoltre ci sono arrivato che ero giovani e mi è subito piaciuta la città stessa e i pescaresi”.
Il calcio di prima e il calcio di oggi: ci sono tante differenze secondo lei?
“Abbastanza. Prima c’era più qualità, i valori morali erano più forti e raggiungere un traguardo era molto più complicato. Oggi i livelli sono più bassi, con le dovute eccezioni ovviamente. Ai miei tempi tra la Serie A e la B c’era continuità ma prima di firmare un contratto con una squadra della massima serie, dovevi totalizzare almeno 16 presenze il Serie B. In questo calcio invece, in 10 minuti passi da sconosciuto a fenomeno. Altra questione i giovani: prima giocavano i più bravi, oggi devono scendere in campo per forza perché c’è il regolamento che lo prevede; un ragionamento che, a mio modo di vedere, toglie stimoli e voglia di mostrarsi. Il presidente dell’Aic Damiano Tommasi sta cercando di eliminare questa regola”.
C’è una partita che non ha mai dimenticato?
“Nel bene Napoli-Fiorentina perché ho avuto l’onore di marcare il grande Maradona; nel male un Pescara-Reggina perché sbagliai un rigore”.

E invece una partita che non hai giocato ma che avrebbe voluto vivere?
“Forse la mancata convocazione in Under 21 nel mio periodo a Firenze. Qualche giorno prima mi ruppi il ginocchio… addio sogno azzurro!”.
Veniamo all’attualità: il calcio deve finire la stagione secondo lei?
“Ritengo una sconfitta per tutto il sistema non riuscire a chiudere la stagione ma non va sottovalutata l’emergenza Coronavirus. Le condizioni per tornare in campo ci possono essere ma sono tante le varabili da prendere in considerazione”.
Emergenza Coronavirus, emergenza economica: lei ha uno stabilimento balneare, come vede la stagione estiva ormai alle porte?
“La cosa che mi fa più male è che non c’è una linea, una direttiva che possiamo seguire. Sono consapevole che la stagione sarà difficile ma vorrei almeno avere un vademecum al fine di limitare i danni; senza una guida è svernante. Cosa di poteva fare? Magari nella task force inserire i rappresentanti di ogni settore e categoria in grado di dare un quadro reale, sul campo della situazione”.

Ultima domanda: come vive questa quarantena?
“Tranquillo a casa, vivo in modo più ampio la mia famiglia; si riscoprono tante piccole cose che la fretta della quotidianità nasconde. Alla lunga però tutto questo pesa… è difficile per noi rinunciare a un’uscita con gli amici, una cena, una semplice passeggiata. Gli italiani e i pescaresi amano lavorare, vivere e divertirsi”.