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Mattia Andreoli: 22 anni in piscina, grazie a…

“Non posso…ho gli allenamenti”.

Una frase che gli tutti gli sportivi hanno detto almeno un centinaio di volte; una frase che anche Mattia Andreoli, per 22 anni giocatore di pallanuoto, ha ripetuto in continuazione.

Una frase che sa di rinuncia ma della quale “non mi pento”. E come può uno sportivo (vero) pentirsi di una simile frase quando l’unica cosa che vuole è fare allenamenti per poi giocare e chi se ne frega del resto?

Anche per Mattia Andreoli l’acqua della piscina è stata una cara e bellissima amica per 22 anni. Sì perché da metà 2019 per l’atleta è tempo di appendere la calottina al chiodo.

Un addio all’attività agonistica che Mattia vuole mettere nero su bianco per ringraziare tutti coloro che lo hanno aiutato, applaudito, sostenuto e messo da parte: anche dalle delusioni può nascere un sorriso. E Mattia ha vissuto sulla sua pelle anche questi momenti.

Ventidue anni non son pochi, se pensiamo che la prima volta in acqua fu a 5 anni e nemmeno con tanta convinzione!!!

Vi raccontiamo la sua storia in due articoli perché vogliamo provare a farvi vivere le emozioni che ha vissuto lui in questo lungo viaggio tra una bracciata e l’altra.

Quando il destino ci si mette… E Mattia ne sa qualcosa visto che il suo primo gol da pallanuotista risale al 1997 con gli Esordienti contro il Moie (Ancona), ultimo gol 2019 in Serie C contro… il Moie.

A volte ritornano, verrebbe da dire. Al principio e alla fine. E nel mezzo? Eh… nel mezzo c’è una carriera, tante squadre, tanti gol, tante gioie e qualche dolore.

“Avevo deciso di lasciare la pallanuoto, sapevo già che questo sarebbe stato l’ultimo anno per me; certo non credevo di finire così… ma purtroppo su certe cose non sei tu a decidere”.

Mattia parla così quando pensa alle brutte vicissitudini che hanno portato la sua ultima squadra, la Sportlife, ad essere radiata dalla FIN (Federazione Italiana Nuoto).

“Vivi in una città di mare e devi saper nuotare quando da grande andrai solo con i tuoi amici”.

Mattia e nonno Fernando, altra figura determinante nella macchina organizzativa famigliare

Questa è la motivazione che mamma Franca ha dato a Mattia all’età di 5 anni per spingerlo ad andare in piscina. Spingerlo non è un verbo a caso perché il bambino non era proprio felicissimo al pensiero di passare dei pomeriggi in acqua.

I primi 3 anni sono stati una vera forzatura!” ci racconta Mattia “I giorni della piscina erano il mercoledì e il sabato ed erano anche gli anni del grande Pescara firmato Waltertosto: finali su finali, vittorie su vittorie”.

Quando è cambiata l’aria o meglio l’acqua? Quando il padre di Mattia, Franco, un sabato dopo l’allenamento gli propone di vedere una partita di pallanuoto della Waltertosto Pescara.

Lì la vita del piccolo Mattia cambia…

“Durante la partita avvenne una sostituzione – racconta – a quel punto vidi uscire dall’acqua una ‘bestia umana’ con dei pettorali indescrivibili; in quel momento pensai: ‘Da grande voglio essere come lui!’”

Lui, la “bestia umana” era un certo Roberto Calcaterra…

E da quel momento la piscina, da problema divenne una gioia, un divertimento, una necessità.

“Dico in primis grazie alla mia famiglia. Inizio con loro perché grazie alla loro insistenza che ho fatto questo sport per 22 anni. Un grazie infinito a tutti gli sforzi che hanno fatto, alla grande capacità e volontà di organizzarsi per non farmi saltare né un allenamento né un giorno di scuola anche quando l’allenamento c’era la mattina presto, prima di andare a scuola. Grazie a tutto questo sono riuscito a diplomarmi senza mai essere bocciato e oggi a fare il lavoro per il quale ho studiato (perito industriale n.d.r.)”.

Una meravigliosa macchina organizzativa famigliare dunque grazie alla quale Mattia inizia il percorso per diventare atleta. E lo fa con 3 provini in 3 anni.

Al primo Gianluca Ricci gli dice: “Deve fare ancora un po’ di scuola nuoto”; al secondo stessa canzone: “Deve migliorare un pochino”.

Al terzo… Al terzo provino, era il 1997, l’appuntamento era con un certo Luke Morini che, in realtà, sembrava un fantasma… Infatti fece il provino con un tizio che, sul finire disse alla madre: “Va bene signora, può tornare tra un’ora e mezza”.

Era Fabrizio D’Onofrio colui che, dagli anni 80 in poi, ha allenato tutti i ragazzi che sono passati per la piscina Le Naiadi di Pescara.

Fabrizio D’Onofrio è per me un secondo padre – dice Mattia – è stato il primo che ha creduto in me, il primo che mi ha messo la palla in mano, il primo a farmi giocare una partita da titolare e il primo a lottare per me. Nella stagione 1997/98, venivo dalla scuola nuoto, ma già il secondo anno ero il più alto e il più veloce dei pari età e D’Onofrio mi fece giocare titolare con la squadra dei più grandi (categoria Ragazzi – U15 quando io ero Esordienti-U13); questa cosa indispettì alcuni genitori che si lamentarono nel corso di una riunione alla presenza del presidente della squadra Luciano Di Renzo. In una di queste riunioni, alle lamentele di una madre, D’Onofrio rispose: ‘Mi scusi, le faccio vedere solo un dato poi mi dica lei chi devo far giocare. Non metto in acqua un ragazzino che non si allena’”.

Fabrizio e Mattia da settembre a maggio si vedono tutti i giorni, si rispettano, si vogliono bene; si è creato un legame insomma proprio come tra padre e figlio. Una figura che ritroverà spesso nel corso della sua carriera così come accadrà per un altro personaggio.

Vi ricordate sopra il personaggio fantasma del provino? Luke Morini? Esiste!!! Ed è la seconda persona alla quale Mattia vuole dire grazie.

“Ringrazio lui perché dal papà D’Onofrio, passai al ‘professionismo’ di Morini. Non è stato facile perché si entrava in una sfera, quella dell’atleta, nuova per me. Con lui, che 10 anni dopo ho ritrovato compagno di squadra, arrivammo alle finali Nazionali giocate al Foro Italico in un girone con tre squadre romane, una di Ancona e una di Cagliari: passarono le romane. Morini mi ha allenato due anni: l’ultima nella categoria Ragazzi, la prima in quella Allievi”.

Un passaggio necessario quello con Luke Morini, per arrivare a un allenatore che fece fare a Mattia e i suoi compagni in vero salto di qualità: da ragazzini che giocavano a pallanuoto, ad atleti di pallanuoto.

Agli appassionati questo nome dirà non tanto ma tantissimo: Brane Zovko.

“Perché parlo di salto di qualità? Perché con Brane – ci spiega Mattia – iniziammo i doppi allenamenti al mattino prima di scuola, il pomeriggio in palestra e poi in piscina per tre volte a settimana; gli altri giorni in palestra e in acqua”.

In pratica erano 10 allenamenti in 7 giorni considerando anche la partita (quanto può essere decisiva in situazioni così per un ragazzo la macchina organizzativa famigliare?): “Anni in cui credo di essere cresciuto molto sia sotto il profilo personale che professionale perché se non sei in grado di organizzati e non hai forza di volontà, non vai avanti e molli la presa”.

Mattia Andreoli

Quindi, facendo un breve riepilogo fin qui:

  1. D’Onofrio gli ha insegnato la passione per la pallanuoto;
  2. Morini ha messo le basi del futuro ‘atleta’;
  3. Brane ha fatto formazione sotto l’aspetto professionale.

Con Brane come allenatore si scatenò la passione e voglia di giocare di tanti ragazzini provenienti da tutto l’Abruzzo; ci furono provini con la partecipazione di oltre 50 ragazzi!

E tra questi, al momento della scelta, Mattia c’era insieme a un certo Francesco Di Paolo che nel tempo diventerà uno dei suoi più grandi amici e suo allenatore…

“In soli 7 anni di vita in piscina – ci dice Mattia – avevo già conosciuto tante persone, incontrato tanta gente, generato amicizie. Anni di ritmi intensi, duri e ricchi di sacrifici”.

Per la serie a volte ritornano, la fine della carriera di Mattia nelle Giovanili avviene con in panchina… Fabrizio D’Onofrio.

La piscina, le partite, le vittorie e qualche schiaffo continuano… alla prossima puntata!

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