Un libro non banale, una biografia fuori dal comune: questo è Una vita in fuorigioco di Katia Serra (Fabbri Editore).
Raccontare di sé raccontando la storia dello sport che la rappresenta: il calcio.
Pregiudizi, false convinzioni miscelate a una passione portata avanti con abnegazione verso un oggetto che, per tanti, deve solo rotolare dentro una porta.
Ma non è così, Katia ne sottolinea le bellezze tanto quanto le bruttezze se il calcio è declinato al femminile. E non parla solo di scarso materiale di abbigliamento (un tempo per lui preso dal maschile), di strutture fatiscenti dove allenarsi e voci di scelte sessuali che nulla hanno a che vedere col pallone.
Lei parla di preparazione atletica inesistente per le donne, di disciplina alimentare di squadra nulla, di medicina che non aiutava nei recupero e non era in grado di gestire al meglio determinati infortuni. Fortunatamente, soprattutto parlando di salute, le cose sono profondamente cambiate in meglio.
Come del resto, è cambiato il calcio femminile con l’arrivo del professionismo in A, con le tutele e le garanzie previdenziali, il sostegno alla maternità insieme a un sostentamento economico migliore.
Tutti particolari che dettagli non sono, che Katia Serra riesce a rendere concreti con i suoi tanti anni di militanza (non facili) nel sindacato dei calciatori (e delle calciatrici).
I primati di Katia Serra? Due su tutti: la prima donna a tenere una lezione a Coverciano nel corso per allenatori, la prima donna a commentare la finale di una competizione maschile: l’11 luglio 2021 Italia-Inghilterra CAMPIONI D’EUROPA!