Voler arrivare il Serie A, a tutti i costi e da qualsiasi porta si fosse aperta.
Una pazza idea? Forse, ma non per chi ci credeva e ci ha sempre creduto fino ad arrivare davvero in Serie A!
Da quale porta? Ce lo dice direttamente lui, Francesco De Luca attualmente ospite fisso della trasmissione “Sugli Spalti” in onda su Laqtv canale 73 del digitale terrestre.
Fare l’arbitro di calcio, come nasce il desiderio?
“Perché volevo diventare calciatore ma non ero bravo e dovevo ripiegare su qualcos’altro”.
Cosa significa fare l’arbitro nel calcio italiano?
“Esperienza formativa che consiglio ai ragazzi e ai loro genitori. Significa a prosi in campo davanti ad altre persone, ti impone una certa autorevolezza nei confronti degli altri, devi far uscire la tua vena di decisore nel far rispettare le regole del calcio. Un’esperienza che inizia da solo, specie se parti dai dilettanti e categorie inferiori dove non si sono gli assistenti di linea, il quarto uomo etc… e questo sicuramente forma il carattere”.
C’è stata una partita che sognavi di arbitrare e che hai arbitrato?
“Sognavo di arrivare in Serie A, sogna che non prevedeva un ruolo preciso. Il mio obiettivo era la Serie A, ci sono arrivato e con un ruolo importante”.
C’è stata una partita complessa a livello di gestione in campo?
“La complessità delle partite non possono essere calcolate e valutate se non in campo e che subito dopo dimentichi. Forse quello che rimane per sempre non è complessità ma l’emozione che ti lascia quella gara”.
Che emozione hai provato l’ultima volta che sei sceso in campo per arbitrare?
“Era il 2016, Sassuolo-Inter. Non dimenticherò mai quella gara, non solo perché era la fine di un ciclo ma perché in campo con me c’erano i miei figli Daniel e Martina. E’ stata particolarmente emozionante sotto tanti punti di vista dunque al quale si aggiunga il fatto che il mondo arbitrale non ha una fine certa nel senso che gli arbitri si giocano ogni anno l’occasione di venire riconfermati. Io sono stato molto fortunato di potermi godere la fine di questa carriera in quanto ho avuto un anno di deroga nel senso che in Serie A, se non sei internazionale, puoi fare massimo 10 anni. Io ne fatti 11… quindi sapevo benissimo che quella era la mia ultima partita”.

Attualità pura: la VAR è davvero un aiuto per l’arbitro?
“Assolutamente sì, un aiuto che lo stesso mondo arbitrale chiedeva da tempo e non si è mai opposto all’ingresso dell’innovazione nel calcio. Quello che in pochi sanno è che a decidere è un altro organo che si chiama Ifab (International Football Association Board) che ha il monopolio del calcio e del suo regolamento; quindi finchè l’associazione non ha ritenuto opportuno far entrare la tecnologia al servizio degli arbitri, nessuno poteva fare nulla di diverso. Ad esempio, quando sono entrato io nella CAN nel 2005, c’erano già al Friuli di Udine le due telecamere a bordo campo ed era qualcosa di unico e sperimentale. Ma solo con la certezza che la tecnologia potesse correggere con estrema esattezza l’errore arbitrale, l’Ifab ha dato l’ok alla VAR. Poi, personalmente penso che ci sono stati errori arbitrali a livello mondiale che hanno accelerato il processo”.
Hai visto e conosciuto tanti campioni, qualcuno che ti ha colpito umanamente?
“Il gioco del calcio è un immenso e fantastico set teatrale. Mi spiego subito: a volte si vedono in campo dei comportamenti rudi, crudi, anti sportivi e poi, negli spogliatoi, tutto cambia. Ci sono persone e personaggi che possono sembrare cruenti che invece si rivelano simpatici e divertenti sia nei confronti della terna arbitrale sia nei confronti degli avversari. E’ una cosa che mi è capitata spesso, e ti dico che non ho mai avuto problemi con nessuno”.

Com’è cambiata la tua vita da quando hai appeso il fischietto al chiodo?
“Per fortuna non è cambiata tantissimo, sono finite certe emozioni ma è continuata in modo regolare perché ho sempre vissuto questa mia carriera come una parentesi all’interno della mia vita di arredatore nel mio negozio di mobili. Certo, nulla ti può dare più emozione di entrare in un campo con 70/80mila persone sugli spalti; la fortuna è che non è mai stata questa la mia priorità”.
Come sono le giornate di un arbitro prima della gara?
“Si comincia il giovedì con il giorno delle designazioni arbitrali; e a volte il venerdì devi già essere pronto per l’eventuale anticipo. Insomma, a volte sapevo quando partivo ma non quando tornavo. Il giorno della designazione si studiano le squadre, i giocatori, espulsioni, ammonizioni etc… Il giorno prima della gara la quaterna arbitrale si incontrava in hotel e da lì si iniziava la coesione del gruppo arbitrale e si affrontavano i temi della partita sia a livello arbitrale sia a livello ambientale”.