Tra le distinzioni formali del gioco un primo posto occupava quell’isolamento del luogo d’azione dalla vita ordinaria. Uno spazio chiuso viene isolato e limitato fuori dall’ambiente quotidiano […]. Lì dentro si compie il gioco, lì dentro valgono le sue regole.
Quando si parla di calcio, è il terreno di gioco, il rettangolo verde quel “luogo isolato” dove si compie il rito del pallone che dura 90 minuti. Un’ora e mezza, più recupero, in cui due squadre e 22 giocatori sono tenuti al rispetto di un Regolamento.
Ma…il pallone prevede una deroga che va al di là di ogni norma, di ogni comportamento da tenere in quel posto: il gol. Le emozioni di aver segnato una rete sono la variabile impazzita del calcio. Sempre in Homo Ludens si legge che:
La realtà del gioco […] non può essere fondata su un rapporto razionale, perchè il fatto che sia basato sulla ragione la limiterebbe al mondo umano.
Ed è proprio il caso di un calciatore che prepara il tiro che poi gonfierà la rete della porta avversaria; in quel preciso momento viene fuori tutto ciò che si porta dentro, tutte le sensazioni vissute nell’arco di una settimana, di una stagione o semplici attimi positivi o negativi che siano e che danno vita alle esultanze. Gioia allo stato puro che si libera dai vincoli delle regole che regala attimi di incontenibile frenesia. Nel mondo del pallone ne esistono alcune che hanno fatto “storia”. Esempi? La mano vicino l’orecchio compiendo il gesto del “sentire l’aria” di Luca toni, la “mitraglia” di Gabriel Batistituta, la maglia sulla testa di Fabrizio Ravanelli, la linguaccia di Alessandro Del Piero e il trenino deo giocatori del Bari per fare qualche nome.
Poi, domenica 21 settembre 2014 in televisione sento un giocatore dire: “La multa? Non importa, la pagherò”. Mi è piaciuta quella frase perchè dice tutto. E dimostra come, davanti a valori forti e ben radicati, il denaro non ha valore. Nemmeno se sei un giocatore di Serie A e hai uno stipendio da favola.
Di chi parlo? Partiamo dall’inizio: Roma-Cagliari della scorsa domenica di campionato. Alessandro Florenzi segna la rete che porta in vantaggio i giallorossi, le telecamere lo seguono nell’esultanza fino in tribuna dove c’è la sua nonna, per la prima volta in uno stadio a vedere giocare suo nipote.
La regola numero 12 del Regolamento del Giuoco del calcio, inserisce tra le possibili cause di un’ammonizione le “prolungate scene di esultanza”: quindi Florenzi becca l’ammonizione e una multa. Questo tipo di regola andrebbe analizzata più approfonditamente perchè, a mio avviso, in essa si intersecano due aspetti: il rispetto essenziale delle regole e il buon senso che, a volte, ha più…valore.
Comunque, non è questo il mio intento. La cosa più importante è il gesto di un campione fatto dal cuore, dalla promessa a una persona cara che andava rispettata al di là di tutto e, diciamolo, di quella regola. Un gesto bellissimo che riconcilia con il calcio, sempre più business e sempre meno divertimento. Florenzi invece ha dimostrato che si può ancora vivere di cose cose semplici attraverso le quali tornare indietro con la memoria riscoprendo le emozioni di tirare un calcio a un pallone, fare gol, esultare abbracciando i prorio genitori nel corso di una partita tra amici per le strade del proprio quartiere giocando senza divise, né soldi, né regole federali ma con la passione.