Gianfranco Mazzoni, giornalista in pole position

Gianfranco MazzoniAscoltare una voce in telecronaca, apprezzarne l’intensità, la professionalità, la sicurezza e l’emozione di raccontare lo sport e poi, ascoltare quella stessa voce al telefono per un’intervista.

E’ quello che mi è capitato qualche giorno fa quando ho chiamato Gianfranco Mazzoni, telecronista Rai della Formula 1. Non è facile raccontare le sensazioni che ho provato; l’unica cosa che mi viene da dire è “strano”. Strano semplicemente perché lo vedo e ascolto sempre raccontare le imprese dei piloti in diretta sui vari circuiti del mondo.

Quella chiacchierata, lontano da piste, circuiti e pole position, è come se avesse reso “reale” il tutto, come se fosse tutto a portata di telefono, senza l’intermediazione della tv.

Una telefonata che ha confermato la professionalità e la passione di Gianfranco per il suo mestiere, dandomi una piccola lezione di giornalismo sportivo che conserverò negli appunti segreti della mia mente.

Sei stato sempre appassionato di motori?

“Veramente no…Sono appassionato di giornalismo e di sport. Ed è importante in entrambe le cose avere passione: quando dai voce a una disciplina sportiva, ti specializzi, studi senza sentire il peso del sacrifico. Con i motori comunque ho avuto delle esperienze: a 20 anni ho fatto il navigatore in alcune gare di rally ma nulla di più. Ho un’estrazione prettamente giornalistica e ritengo sia meglio perché studio, faccio il mio lavoro e basta senza scendere di dettagli tecnici e meccanici”.

Telecronista Rai dei Gran premi di Formula 1, quale emozione la prima volta?

“La mia fortuna è stata di iniziare presto: a 14 anni facevo telecronache sportive per tv private e radio. Quindi il debutto televisivo mi è sembrato normale. Sicuramente sono arrivate maggiori responsabilità perché il pubblico è cresciuto, la televisione stessa ti fa scattare dei dubbi e delle domande sulla capacità di essere all’altezza, sulla preparazione. La passione per il giornalismo mi ha sempre aiutato. Anche adesso che faccio questo mestiere da anni, la mia voglia di studiare, documentarmi e conoscere, è la stessa”.

Qual è il Gran Premio più emozionante che hai raccontato?

“Donington 1993. La gara fu nel giorno di Pasqua dopo tre giorni di pioggia. Senna partiva dalla 5° posizione e arrivò primo dopo una serie di sorpassi incredibili. Imola 1994, come dimenticare quella gara in cui il dolore la fece da padrona: prima l’incidente di Barrichello nei test, poi la morte di Ronald Ratzenberger nel corso delle qualifiche e l’incidente mortale di Ayrton Senna durante la gara. Una tre giorni senza sonno e con tanta sofferenza. Un’emozione bellissima è stata invece la vittoria di Jarno Trulli a Montecarlo nel 2004: fu il primo italiano a partire il pole e a vincere poi la gara. Una curiosità legata a quel Gran Premio la ricordo con piacere: nel corso dell’ultimo giro, vidi un microfono vicino al mio; era del collega tedesco che volle sentire dalla mia voce, quindi in italiano, la telecronaca di quegli ultimi momenti emozionanti. E’ stato un bel momento per tutta l’Italia. Siamo entrambi abruzzesi? Si, è vero lo conosco da quando aveva 10 anni e correva con i kart, ma in quella occasione, la soddisfazione era da italiano; fu la vittoria di una nazione”.

Se dovessi invece scegliere un circuito, quale il più suggestivo?

“Ogni pista ha le sue caratteristiche. Se devo pensare all’entusiasmo della gente penso all’Australia; per la bellezza del territorio dico il Canada; tecnicamente Spa in Belgio, Suzuka in Giappone e Interlagos in Brasile; per la tradizione ti dico Silverstone e Monza. Molto suggestivo il circuito notturno di Singapore con le luci della pista che si incontrano con quelle della città”.

 

 

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