Amare il calcio senza chiedersi perchè. Ritrovarsi a guardare le partite della Juventus (perchè il nonno era juventino) e capire subito che quello era “destino”, che il pallone era entrato nella tua vita senza bussare. Poi un giorno accendi la tv, vedi una donna con la divisa della Nazionale e da adolescente ti domandi: “E lei??? Gioca al calcio???”. Questo è stato il mio primo “contatto” con Carolina Morace, la prima calciatrice che ho visto. Per me un mito. Da subito. Una donna che giocava a calcio era la conferma che la mia passione poteva essere radicata, coltivata e continuata.
Poi… 30 anni dopo (circa…), faccio il blog, penso di parlare di calcio femminile… e all’improvviso Carolina mi torna in mente, non può mancare! Ed eccomi qui, a realizzare un piccolo sogno: intervistarla!!!
Perché Carolina Morace da piccola scelse il calcio come sport?
“Abitavo in un complesso dove c’erano dei campi da calcio e lì ho cominciato… non ricordo il momento esatto”.
Una carriera nel corso della quale ha giocato in tante squadre, ma c’è quella del cuore?
“Probabilmente la Torres perché era una squadra che veniva dalla serie B è solo con l’innesco mio e di Betty Bavagnoli siamo riuscite a vincere lo scudetto. Era una squadra molto unita”.
Anche con la Nazionale il suo contributo è stato prezioso.
“Siamo arrivate due volte vice campioni d’Europa. Oggi sorrido quando c’è chi dice che la qualificazione dopo il primo turno degli Europei è una conquista!!! Beh andassero a conoscere il passato…”.
Poi la carriera da allenatrice. È stata la prima ad allenare una squadra professionistica maschile, perché si dimise?
“Perché il presidente Gaucci come era solito fare con tutti gli allenatori voleva mettere bocca sulla formazione. Alcuni tecnici evidentemente accettavano le sue intromissioni, io no”.
Successivamente la guida della Nazionale italiana femminile e l’esperienza un Canada. Ambienti e mondi diversi.
“Sì, in Italia purtroppo non esiste ancora la volontà di far crescere il movimento mentre negli altri paesi è ormai una realtà”.
Adesso l’Australia. Cosa ci fa dall’altra parte del mondo?
“Preparo due gruppi di ragazzi di diverse età che vogliono provare a giocare in Europa”.
Quindi è vero che per diventare calciatrici professioniste bisogna lasciare l’Italia?
“Probabilmente sì, ma la domanda andrebbe fatta alle giocatrici attuali”.
Se le chiedessi: oggi chi è Carolina Morace, lei cosa risponderebbe?
“Allenatrice, avvocato”.