Essere la prima in famiglia a indossare le scarpette chiodate, scendere in campo, giocare a pallone e poi…
…Essere la prima donna siciliana a ottenere il patentino di Uefa A con il quale si possono allenare squadre professionistiche.
Non ci credete? Noi abbiamo parlato con la diretta interessata: Antonella Giammanco, leggete un po’ voi…
Com’è entrato il calcio nella sua vita?
“Il calcio nella mia vita non è entrato all’improvviso. È una passione innata. Nella mia famiglia e generazione precedente nessuno ha mai praticato una disciplina sportiva in particolare il calcio. Io sono un caso raro. Mio fratello e un nipote, in particolare, sono nati con la vena artistica; sono io in famiglia la sportiva: calciatrice adesso allenatrice”.
Prima donna in Sicilia a diventare allenatrice professionista, cosa si prova?
“Essere la prima…non posso spiegarvi a parole l’emozione che si prova; è una sensazione inspiegabile perché vai a sfatare un tabù: dai dimostrazione di personalità, ti arricchisci di autostima; dai dimostrazione che volere è potere e che siamo noi a crearci limiti e ostacoli mentali. Quello che provi è la soddisfazione di avere dimostrato coraggio nell’affrontare un percorso ritenuto solo per uomini. La pioniera della situazione”.
Qual è il percorso che l’ha portata a ottenere il titolo di Uefa A?
“Sono un ex calciatrice, il mio ruolo da centrocampista lo svolgevo nella mia squadra: Aquile Palermo. Raggiunta l’età di ‘appendere le scarpe al chiodo’ decisi di intraprendere la carriera da allenatore come stimolo per rimanere sempre nel mio habitat. Conseguii il corso di Uefa B. Cominciai ad allenare nel settore giovanile maschile ed è durata per ben 15 anni. Gavetta che mi ha formata sotto tutti gli aspetti. La decisione di conseguire la strada da professionista è il completarsi in qualcosa che tu ami e che fai con tanta passione. Conseguire il diploma Uefa A è metà sogno realizzato”.
Dal campo alla panchina: il primo “insegnamento” ai suoi ragazzi/e?
“Il primo insegnamento, a prescindere quello tecnico/tattico, è l’aspetto comportamentale, il rispetto verso i compagni e avversari, la sinergia empatica, l’importanza dei valori e della socializzazione. L’accettazione delle culture diverse”.
C’è una squadra che vorrebbe allenare?
“No c’è una squadra che vorrei allenare in particolare. Penso che quando si arriva ad alti livelli come la serie A e la serie B tutte diventano molto interessanti”.
Il calcio femminile in Italia, una cultura ancora troppo poco radicata…
“Sì, il calcio femminile in Italia un tabù per molti. Sta andando avanti ma con un’andatura molto flemmatica. Forse come dice lei causa di una cultura ancora troppo poco radicata. Antropologicamente parlando noi siamo indietro di tanti anni”.
Per chiudere, un po’ di fantacalcio: la migliore formazione femminile italiana che farebbe scendere in campo.
“La migliore formazione femminile italiana che farei scendere in campo senza nessun ritocco è sicuramente la Juventus Women”.