Da domani lo sport individuale può tornare ad essere praticato: il DPCM autorizza l’attività sportiva e motoria al di fuori del 200 metri dall’abitazione.
Dunque lo sport tornare a muovere lentamente i primi passi; ma come sarà?
Come comportarsi da parte delle associazioni sportive?
Domande che abbiamo girato al presidente del CSI Abruzzo e del CSI Teramo Angelo De Marcellis.
Presidente, un parere sull’ultimo DPCM del governo.
“Il Decreto del presidente Conte analizza diversi aspetti: uno proprio del 4 maggio e, dall’altro lato, ha preannunciato ciò che si potrà fare dopo il 18 maggio. Nella prima parte si intravede la possibilità di tornare a ‘muoversi’ per gli sportivi autonomi segno di una graduale ripresa dell’attività. Al di là di questo, ritengo che il DPCM presenta numerose problematiche anche interpretative al punto che lo sport si sta interrogando su alcune questioni. Faccio un esempio: non esistono più i confini regionali e comunali e le limitazioni alla pratica sportiva dei 200 metri da casa, quindi una persona può partire dalla propria abitazione e arrivare in bici ai confini dell’Abruzzo. Ecco, qui già c’è un dubbio: da un lato si potrebbe arrivare dove si vuole, dall’altro lato c’è il buon senso in base al quale il legislatore aveva intenzione di ampliare leggermente i confini proprio nel senso di una iniziale ripartenza. Certo, dopo tanto confronto, ci aspettavamo un decreto un po’ chiaro. Per il resto è sicuramente un’opportunità per rimettersi in moto almeno a livello autonomo; non parlo di sport individuali perché in questo caso si parlerebbe di altre discipline sportive”.
In questo quadro, lo sport abruzzese cosa può fare?
“Ci sono diverse situazioni in piedi e prevedere il futuro è difficile perché non ci sono certezze né da un punto di vista sanitario né sui protocolli. Iniziano a intravedersi protocolli sia sull’impiantistica sportiva sia nella gestione pratica dell’attività. E’ stato in tal senso consegnato dal Coni al ministro dello Sport un documento redatto dal Politecnico di Torino in cui si analizzano le misure di prevenzioni sulla ripresa degli allenamenti e poi delle gare. Per quel che concerne l’Abruzzo, potremmo essere un’eccezione per quanto riguarda alcuni fronti nel senso che il nostro livello di allerta, rispetto ad altre regioni, è inferiore fa sperare di rientrare in una fascia di maggiore tranquillità. E in questo caso mi conforta il parere del professor Parruti che ha proposto un avanzamento rispetto alle altre regioni. Senza dimenticare, sia chiaro, l’attenzione e la gradualità che è fondamentale soprattutto dopo il 4 maggio”.

Come esce lo sport di base da questa pandemia?
“In Abruzzo ci sono oltre 2.500 associazioni sportive riconosciute le quali costituiscono un patrimonio sociale prima che sportivo perché l’aggregazione costituisce un livello fondamentale in quanto come abbiamo già visto negli altri casi di calamità, sarà il vero punto fermo per il rilancio della socialità, dell’integrazione. A dimostrazione di ciò, anche dopo la quarantena in Cina, lo sport è risultato un vero e proprio supporto psicologico alla popolazione. Sarà dunque importante che le istituzioni riconoscano questo ruolo sociale dello sport a partire dalla Regione che controlla, gestisce e ha disponibilità per produrre riscorse in grado di aiutare e sorreggere queste associazioni che rischiano davvero di non ripartire. Se penso al CSI che ha 260 associazioni affiliate (circa 17mila tesserati) che si reggono sui contributi di associati che ora non possono pagare e contribuiti di piccole attività imprenditoriali anch’esse in profonda difficoltà; quindi tutto questo dovrà essere sopperito dall’impegno della Regione con uno stanziamento da 8 milioni di euro come minino supporto alle associazioni sportive di base alcune delle quali offrono anche occupazione e quindi ritengo da assimilare nelle logica di sostegno alla imprese. Come un ruolo primari devono avere i Comuni: in questa fase dove lo sport si può fare all’aperto, si potrebbe creare una buona collaborazione al fine di trovare degli spazi verdi a disposizione delle associazioni sportive. Un aiuto dei Comuni dovrebbe riguardare anche i gestori degli impianti pubblici per sopperire alle mancate entrate di questi mesi”.
Il CSI Abruzzo, in particolare, da quali basi può ripartire?
“Intanto abbiamo fatto un sondaggio tra le nostre associazioni sportive dal quale è risultato che un 40% ricomincerebbe anche domani con la certezza assoluta di gareggiare e allenarsi in sicurezza, un altro 40% si dice sfiduciato rispetto alla possibilità di adempiere ai protocolli e un 20% di incertezza. C’è quindi un quadro complesso rispetto alla situazione; io credo sia necessario non farsi prendere dalla sfiducia anzi, bisogna avere il coraggio di progettare un futuro che no sappiamo sia possibile attuare ma se manchiamo di progettualità, comunque ci troveremmo sempre un passo indietro di fronte a quello che sarà. Dobbiamo dare una speranza specie ai ragazzi che credono nello sport e non vedono l’ora di tornare in campo, sulle pedane e nei palazzetti”.
Per chiudere: personalmente cosa ti lascia questa situazione eccezionale che stiamo vivendo?
“Mi sono accorto che dopo 12 anni di corse in giro per l’Italia mi sono veramente fermato; ciò è coinciso anche con il primo anno di vita di mio figlio. Sto vivendo in modo intimo e stretto la vita di famiglia che, nella disgrazia che stiamo vivendo, è stato un vantaggio. Mi interrogo anche su ciò che ho fatto, se è quello che volevo fare e su quello che si potrà fare. Spero davvero che, quando la routine quotidiana tornerà a prenderci, non dimenticheremo che anche tra le mura domestiche ci può essere una realizzazione personale. Noi abruzzesi con il terremoto abbiamo sperimentato la necessità di adattarci in fretta per ripartire il prima possibile, ora invece serve la dote della pazienza e dell’attesa costruttiva sempre per ripartire”.