Adelaide Serafino

A tu per tu con Adelaide Serafino

Sono due anni che vivo in Emilia-Romagna, prima a Ravenna e poi Cesena; mi trovo benissimo ed è una zona fantastica con persone super accoglienti e sempre con il sorriso.

E’ un momento difficile ma l’amore per questa regione da parte di tutta l’Italia, dimostra che non sono e non saranno mai soli. Insieme si supererà anche questo periodo.

Abbiamo voluto iniziare così la chiacchierata con Adelaide Serafino portiere in forza al Cesena Fc, squadra che milita in Serie B.

Dalla Juventus Primavera al Ravenna per poi raggiungere il Cesena: per Adelaide, classe 2002, si aprono le porte del grande calcio con un sogno chiamato Nazionale.

Come nasce la tua passione per il calcio?

“Ho iniziato a giocare che non avevo nemmeno 6 anni nel mio paese grazie al Comune che incentivava la pratica sportiva per i più piccoli; diciamo dunque che ho iniziato un po’ per caso a tirare calci a un pallone nel campo vicino casa”.

Ruolo portiere, impegnativo!

“Anche questa scelta è avvenuta per caso in quanto, durante un allenamento, prima di disputare una finale si cercava chi andasse in porta ma nessuna si propose. Mi sono offerta io e da qual momento non ha mai lasciato la porta”.

Dalla Juventus al Cesena, il bianco e il nero i tuoi colori sociali a quanto pare.

“E’ vero! Hanno fatto parte nella mia carriera: prima nella Primavera della Juventus, quattro anni molto costruttivi; la società bianconera è davvero una scuola davvero importante per crescere e migliorare. Poi al Cesena ho ritrovato gli stessi colori!”.

A proposito di Juventus, un insegnamento che ti ha lasciato l’esperienza nel club di Torino?

“L’allenamento sempre al massimo. Ogni partita era un modo per fare meglio, migliorarsi. Sicuramente un percorso e una mentalità che mi porterò dietro”.

Il calcio femminile professionistico, una svolta importante.

“Contenta di vivere questo grande cambiamento in prima persona; sicuramente tante cose sono state fatte ma tante sono ancora da fare come abbattere pregiudizi e difficoltà. Un esempio? Si parla ancora di calcio maschile e calcio femminile come due sport differenti; ecco, su questo si deve lavorare molto così come sull’aspetto culturale e sul fatto che le ragazze possono giocare a calcio perché è uno sport bellissimo quanto quello maschile”.

Cosa rappresenta per te giocare a calcio?

“Domanda difficile… ma ti rispondo così: essendo cresciuta con il pallone, è una parte di me di cui non potrei fare a meno, e non riesco a immaginare la mia vita senza calcio. Ovviamente ho altre passioni, altri obiettivi ma il calcio è parte integrante della mia vita”.

Sogni nel cassetto sportivi e non?

“Sportivi sicuramente arrivare in Nazionale, un obiettivo, un sogno per tutti gli atleti di ogni sport. A livello personale la laurea in Scienze Politiche e lavorare in ambito politico ed europeo”.

Ultima domanda: da giovane calciatrice, cosa ti senti di dire alle famiglie ancora un po’ scettiche sul calcio femminile come sport per le loro figlie?

“In primis di pensare alla felicità delle loro figlie, in secondo luogo di pensare alla capacità formative dello sport specie sotto il profilo caratteriale. Lo sport non deve essere considerato uno stereotipo o classificato come maschile e femminile, lasciamole provare e lasciamole divertire”.

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