Scaramanzie sportive

Riti e scaramanzie sportive: ne parliamo con Max Cilli

Siete sportivi e avete riti scaramantici?

Quale il loro significato? A questa e altre  domande ha risposto il nostro Mental Coach Massimiliano Cilli nel nuovo articolo tutto per noi!

Nel mondo dello sport, ma non solo, i riti scaramantici sembrano rappresentare quasi un passaggio obbligato se consideriamo le altissime percentuali degli atleti coinvolti.

Non è raro assistere a qualche scena in cui si vede lo sportivo di turno che compie un gesto propiziatorio prima di una competizione. A questo aggiungiamo tutti gli altri che si affidano ad un amuleto/talismano a cui relegano un potere soprannaturale.

C’è chi porta con se un cornetto rosso, piuttosto che un ferro di cavallo o qualsiasi altro oggetto, e poi c’è chi adotta una vera è propria routine che rappresenta il prologo per entrare nella condizione di massima prestazione. Ad esempio Serena Williams fa rimbalzare la pallina 5 volte al primo servizio e 2 volte al secondo, Valentino Rossi si sistema le parti intime appena lascia la corsia dei box, nei mondiali di calcio del 1998 c’era un giocatore della nazionale francese, di cui non ricordo il nome, che baciava la testa al portiere Barthez prima di ogni incontro, solo per citare alcuni esempi.

Ma c’è anche chi ascolta la propria musica attraverso le cuffie, chi si isola e sembra che sia assente, oppure chi, come Aldo Montano, la sera prima di ogni gara, doveva guardare sempre lo stesso film, Il gladiatore per caricarsi a dovere (Risorgere e vincere, di Montano, Nardone, Sirovich. Ponte alle grazie).

Sono modalità che aiutano a tranquillizzare l’atleta, e molto spesso occorrono proprio per passare dalla fase di attenzione alla fase di concentrazione. È come se quelle gesta attivassero dei meccanismi mentali che fanno attingere a quelle risorse nascoste che trasformano un ottimo atleta in un campione. Anzi, più che un “come se attivassero”, quelle gesta rappresentano esattamente la chiave di accesso alle massima performance.

Di per se, il talismano o il rito non hanno poteri speciali, ma speciale è quello che genera nella mente della persona che è convinta che quella determinata cosa influisca positivamente sulla riuscita del proprio compito. Rappresenta di fatto quello che viene definito un vero e proprio “autoinganno”, che condiziona positivamente la propria mente e la mette in uno stato di massima attivazione.

Tutti questi riti, sono tipici di chi svolge attività ad alto carico di responsabilità e sono sottoposti a giudizio, proprio perché, come dimostrato da molti studi, sono dei veri e propri riduttore di ansia.

Quello che gli studi invece non evidenziano è cosa accade se l’oggetto scaramantico o la ritualità pre gara, diventano protagonisti obbligatori. Quello che accade è che l’atleta, non solo potrebbe essere incapace di accedere a quelle risorse mentali “extra”, ma addirittura rischierebbe di entrare in una condizione mentale negativa peggiore di come sarebbe stato se non avesse mai adottato i suddetti riti.

Arrivo a dire questo perché se è vero che i riti propiziatori all’inizio rassicurano l’atleta nello svolgimento della propria prestazione, quando si strutturano come un rigido copione, fanno l’effetto contrario e bloccano l’atleta. Si crea un effetto paradosso in cui quello che prima rappresentava un “jolly”, di colpo diventa l’artefice delle proprie sconfitte.

Dal momento che c’è un calo delle proprie prestazioni, oppure si perde una competizione, si inizia a dare colpa alla ritualità o all’amuleto. La conseguenza è che si inizia ad incrementare la propria routine o ad aggiungere altri amuleti, e si finisce per cadere vittima del sistema stesso. La colpa dei propri insuccessi viene quindi data a cause che non sono sotto il controllo dell’atleta, piuttosto che alle proprie incapacità, sentendosi magari anche deresponsabilizzati proprio per questo motivo.

In questi casi, in cui si cerca di eseguire meglio, o con maggior frequenza il proprio rito, si diventa vittime inconsapevoli, e anziché scegliere di adottare un processo, non se ne può più fare a meno, quindi da controllore si diventa controllato dalla ritualità stessa. Anziché fungere da riduttore d’ansia diventa fonte di ansia.

Un po’ come gli “ossessivi compulsivi” che non possono fare a meno di compiere dei rituali propiziatori o protettivi, vivendo la temporanea illusione del controllo della paura, ma proprio a causa di questo effetto, sono costretti a ripetere ossessivamente il rituale sempre con maggior frequenza diventandone schiavi.

Appare chiaro che la tentata soluzione, costituisce il problema stesso, innescando un meccanismo autopoietico che si alimenta grazie proprio agli sforzi messi in atto per contrastarlo.

Come se ne esce?

Riuscire da soli, o attraverso l’aiuto di persone che, sotto la spinta della buona fede, cercano di convincere l’atleta che quel rituale non ha alcun potere, continua ad alimentare la convinzione nell’atleta stesso di non essere capito.

Lui vede la realtà attraverso una lente che deforma le proprie credenze. In questi casi ci si deve rivolgere ad un Mental Coach, che piuttosto che dirgli che sta sbagliando, all’inizio lo sostiene attraverso l’utilizzo di tecniche paradossali, veicolate con un linguaggio appropriato di causa effetto.

Dapprima deve riportare l’atleta al controllo del rituale, per poi dirigere la sua stessa forza, in direzione del suo annullamento. Lo scopo del lavoro consiste appunto nel ritornare ad essere padroni delle proprie azioni e non vittime. Non di rado, per far si che questo avvenga, si mette in atto proprio un contro-rituale che funge da passaggio per il ritorno ad avere controllo assoluto su se stessi.

Volete leggere gli altri articoli di coach Cilli?

Ecco di cosa ha parlato in precedenza:

Sportivi social

La scelta di Rosberg 

Il calciatore laureato

Sport coaching

6 thoughts on “Riti e scaramanzie sportive: ne parliamo con Max Cilli

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