Qualche giorno fa ci ha lasciato Bruno Pace giornalista ed ex calciatore di Bologna e Pescara (tra le altre).
Oggi ospitiamo il sottosegretario della Regione Abruzzo Mario Mazzocca che ha scelto noi per ricordare un grande amico e sportivo.
Ciao Bruno.
Ci ha lasciato un campione. Un romantico del pallone che ho avuto la fortuna di conoscere.
Per chi come me ha trascorso l’infanzia con i miti delle figurine ‘Panini’, ascoltare dalla sua voce una seppur minima parte delle sue vicende di calciatore professionista ha rappresentato un’esperienza indimenticabile.
Dai primi anni ’90 in poi ci incrociammo più volte. L’occasione che amo ricordare più frequentemente risale a circa 25 anni fa.
Settembre 1993, Caramanico Terme: Bruno Pace, insieme al preparatore atletico Vittorio Amoroso (mio concittadino, ora docente alla D’Annunzio), conduceva al ‘San Nicolao’ uno stage di preparazione precampionato per una serie di allora illustri “disoccupati”, ovvero quei giocatori professionisti con contratto scaduto e che non avevano ancora trovato una nuova collocazione (fra cui Righetti, Caffarelli, Nobile, Marchegiani, Ferretti, Leone, Sgherri, Delli Rocili, Giordano, Lupo, ecc.). In quella occasione ci omaggiò di alcuni frammenti di vita calcistica vissuta che contribuirono a svelarci la vera natura della sua personalità.
Correva l’anno 1966, un’epoca attraversata da profonde trasformazioni sociali e da innovativi fermenti culturali. Bruno Pace esordiva a 23 anni in serie A nelle file del Bologna, in una compagine che solo due anni prima era Campione d’Italia e che annoverava gente del calibro di Janich, Bulgarelli, Haller, Nielsen, Pascutti. Ben presto, nonostante la giovane età, iniziò ad entrare progressivamente nelle dinamiche di spogliatoio, che facevano emergere le figure del bomber Pascutti e di capitan Bulgarelli. Dall’altro capo del pianeta, in Vietnam, era in pieno svolgimento l’escalation bellica del generale Westmoreland determinata dall’offensiva statunitense “Search and Destroy” (letteralmente “Ricerca e Distruzione”), finalizzata ad attaccare i Vietcong direttamente nelle loro roccaforti e infliggergli perdite sempre più importanti.
Accadde che sui muri della città, a stagione in corso, iniziarono a comparire diversi appelli per l’immediata interruzione del conflitto in Indocina; la scritta più ricorrente era: “PACE IN VIETNAM!”. Una di queste campeggiava in bella mostra sulla balaustra di un frequentatissimo cavalcavia. Alla sua vista, Bruno, giovane innamorato della vita e buon goliarda, con l’aiuto di alcuni tifosi coetanei e di una lunga scala a pioli, completò (!) l’iscrizione con l’aggiunta in basso della scritta “E PASCUTTI PURE!”. Il friulano Ezio Pascutti, tanto amante della disciplina quanto introverso, protagonista del Bologna scudettato del ’64, dotato di un vigore inversamente proporzionale al “sense of humor”, appena vide la scritta ‘completata’ si precipitò alla seduta di allenamento e, non riuscendo nell’intento di appurare l’autore di tale atto di ‘lesa maestà’, si consolò sfasciando mezzo spogliatoio. I compagni, fra risate trattenute e conseguenti battute ironiche, assistettero ignari e divertiti alle gesta di Pascutti.
Da quel momento, quando nei discorsi con gli amici ricorre la figura di Bruno Pace, quei ricordi prevalevano sulle immagini della “Panini”, da quelle con le maglie di Bologna, Palermo e Verona, a quella di allenatore in A del Catanzaro dei miracoli. Prevaleva la visione di un calcio ancora romantico e la personalità di uno scanzonato amante della vita, di uno che riusciva egregiamente a non prendersi mai troppo sul serio. Qualità oggi sempre più rare.
Sai Bruno, solitamente paragono il destino ad un fiume in piena senza sponde e che all’improvviso ci sommerge. Stai tranquillo: tu questo rischio non lo corri. Ciao.