“Amare il proprio lavoro, studiare, non smettere mai di volersi migliorare”. Queste le parole di Marta Bitti donna che ama lo sport e lavora nello sport: responsabile della comunicazione della Fermana Football Club. Questo è un consiglio che dà alle ragazze che vogliono intraprendere il suo stesso mestiere.
Il calcio non è cosa per donne? Leggete la sua intervista, forse qualcuno di voi rivedrà le sue opinioni…
Marta e il calcio, com’è scoccata la scintilla?
“Un amore che mi porto dietro sin da quando ero bambina e insieme a mio padre andavo ad assistere alle sue partite. Il resto lo hanno fatto le interminabili sfide al campetto dietro casa con i miei amici d’infanzia, di cui ho seguito tutto il percorso sportivo, la passione per la squadra del mio paese, di cui sono in seguito diventata segretaria e giornalista, ed infine il mio percorso di studi, che mi ha permesso di professionalizzarmi nell’ambito che più di tutti mi faceva battere il cuore. Il calcio è per me una fonte continua di storie da raccontare, emozioni da vivere e stimoli su cui riflettere. Una dose di endorfine quotidiana a cui non so e non voglio rinunciare”.
Sei responsabile della comunicazione alla Fermana Football Club, ci racconti qualcosa del tuo lavoro?
“Il mio lavoro consiste nel rappresentare la voce della società nelle sue relazioni con il mondo esterno e tutti i media (rassegna stampa, pianificazione di eventi e iniziative e redazione di articoli). La comunicazione funge inoltre da supporto all’area marketing, con la quale si interfaccia per la connessione con il tessuto sociale e commerciale. Il fulcro delle attività è rappresentato dalla gestione del mondo social e della gara, seguita a tutto tondo sia in casa che in trasferta. Per l’importanza data al mio ruolo e la grande fiducia di cui sono rivestita mi sento di ringraziare il Direttore generale della Fermana Fabio Massimo Conti, che 3 anni fa mi ha voluta al suo fianco in gialloblù. Insieme ci siamo tolti delle belle soddisfazioni, con lui mi interfaccio quotidianamente e la stima è reciproca. Da quest’anno al mio fianco c’è Ilenia Di Felice, una ragazza preparatissima che condivide la mia passione e mi aiuta nella gestione dell’ufficio stampa”.

Come lavora una donna in un ambiente maschile?
“Lavora con la stessa professionalità che metterebbe in un altro tipo di ambiente, facendo sì che magari la sua femminilità e il suo contributo di sensibilità e stile rappresentino punti a favore anziché a svantaggio. Essendo semplicemente se stessa. Pretendendo e offrendo rispetto, senza concedere spazio a nessun tipo di doppio senso. Al tempo stesso con la giusta autoironia e senza mai prendersi troppo sul serio. Sentendosi parte di un gruppo, ma mantenendo sempre intatta la propria personalità. Impegnandosi e soffrendo insieme agli altri per lo scopo comune, il bene della Società, ricevendo in cambio legami inscindibili e insegnamenti utili per la vita”.
Cosa pensi del calcio femminile?
“Negli ultimi tempi noto che in Italia il movimento in rosa ha intrapreso una fase di crescita, anche grazie a diverse iniziative ad hoc: la cosa non può che farmi piacere. Tantissime bambine e ragazze oggi giocano a calcio: mi sembra giusto che abbiano la possibilità di iniziare a praticare e svolgere questo sport. Auspico che anzi si arrivi al più presto ad ottenere per loro la stessa considerazione e lo stesso livello professionistico già propri del mondo maschile, come già accade in molte parti del mondo. Al momento serve ancora un ulteriore upgrade di cultura, programmazione e strutturazione, supportato da investimenti adeguati”.
Al di là della tua attuale esperienza, credi che il mondo del pallone sia ancora tabù per le donne?
“No, ma per guadagnarsi stima e credibilità bisogna essere competenti, determinate e professionali. Passione, pazienza, perseveranza, spalle larghe e testa alta debbono essere messe in conto, come una buona dose di sacrifici, specie nella vita personale. Poi, l’unico criterio per affermarsi dovrebbe essere la meritocrazia. Un lavoro può essere ben fatto indipendentemente se a portarlo a termine sia un uomo o una donna. Anzi, a mio parere in certi ambiti (specie nella comunicazione e nelle Pr) un punto di vista femminile arricchisce il bagaglio a disposizione della società con maggiori umanità, strategia ed empatia”.
Per tutte le ragazze che vogliono lavorare nello sport, che consigli ti senti di dare?
“Consiglio di amare il proprio lavoro, di studiare, di non smettere mai di volersi migliorare, di rimanere umili. Consiglio di dire no all’improvvisazione e ai pregiudizi, di cercare sempre di superare i propri limiti, senza mai farsi condizionare e senza mai rinunciare ai propri sogni, alla propria dignità e ai propri valori. Non contano solo i risultati. Conta anche come li si raggiunge. Come ha detto Katia Serra a tutte le ragazze del mondo: ‘Dimostrate quanto valete. Trovate il modo di farlo e non vi diranno mai più di andarvene’”.