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Maria Cristina Tonna: rugby sport maschile? Guardate qualche partita…

Chi non ha visto, almeno una volta Invictus? Un film unico, emozionante con un Morgan Freeman da Oscar nel’impersonare Nelson Mandela; immagini e parole di sport e di vita che non possono non far riflettere.

No, no, tranquilli! Non stiamo per presentare la recensione di un film (anche perchè abbiamo toccato l’argomento tempo fa con il nostro Andrea La Rovere), vogliamo invece parlare della disciplina sportiva soggetto del film: il rugby.

Precisamente oggi parliamo di rugby femminile e lo facciamo con l’intervista alla responsabile del settore femminile della Fir (federazione italiana rugby) Maria Cristina Tonna.

Cosa vuol dire per una donna giocare a rugby?

“In tanti paesi il rugby è per le donne solo uno sport, una scelta. In Italia a volte è ancora una sfida, e dunque ha dei significati intrinsechi. Quello che vogliamo è che, anche da noi, tutte le bambine e le ragazze che desiderano giocare a rugby lo possano fare, senza pregiudizi altrui e trovando le strutture più vicine a casa. Questo passa anche attraverso la conoscenza del nostro gioco e dei suoi valori”.

Cosa rappresenta per lei il rugby?

“Intanto devo dire che è stato… amore a prima vista! Avevo 13 anni quando vidi la prima partita e nel vedere quei bambini e bambine correre con la palla in mano provai un fortissimo senso di libertà e felicità, sensazione che non mi ha mai abbandonata. Con il tempo è diventato un modo di vivere, secondo me… vivere meglio: la lealtà, l’integrità, il rispetto, la passione, sono valori senza distinzione di genere e senza tempo ed io li ho fatti miei, e spero che sempre più persone ne siano contagiate! Portatori sani di rugby!”.

Da responsabile del settore femminile, qual è lo stato di salute del movimento in Italia?

“Lo stato di salute del nostro movimento femminile è buono, ma dobbiamo continuare sulla strada tracciata, spingendo l’acceleratore. In questo momento abbiamo da gestire l’evoluzione che c’è stata; ci sono i numeri e come Federazione stiamo facendo delle verifiche sui vari campionati, sperando di poter avere una suddivisione di serie a breve nella Seniores. Tra le sfide future, a breve, ci sarà il Rugby Seven e avere più bambine nel settore minirugby ma già da questa stagione metteremo in campo nuove strategie. Certo, ci sono ancora da convincere molti genitori che se le loro bambine vogliono giocare a rugby non diventeranno degli energumeni, ma delle ragazze con dei sani valori e sicuramente felici di aver potuto fare la propria scelta”.

In Europa, invece, com’è la situazione?

“Nei Paesi del 6 Nazioni la questione è relativamente semplice, mentre altri paesi europei hanno sviluppato molto il Seven tralasciando quasi completamente il XV. Tra l’altro il Seven, che è anche disciplina olimpica, ha portato tante giocatrici al professionismo, ma non in Italia”.

Cosa pensa di coloro i quali ritengono il rugby, così come il calcio, sport maschili?

“Rispetto le opinioni altrui, ma lavoro anche per aprire nuovi orizzonti. A chi crede che il rugby sia un gioco da uomini consiglio di vedere una partita dell’ultima Coppa del Mondo, magari proprio delle Azzurre (Italia-Spagna valevole per il 9°-10° posto ha regalato gioco fine e emozioni fino alla fine), poi ne riparliamo ma da sportivi e senza pregiudizi! Oppure ne potremmo parlare di fronte a un gruppo misto di bambini e bambine… se una persona è felice di fare rugby, che sia femmina o maschio, che differenza fa?”.

La cultura sportiva si insegna da piccoli: a che punto sono i vivai italiani di rugby femminile?

“Le bambine possono giocare insieme ai maschietti fino a 12 anni, poi il loro percorso si diversifica. Tra l’altro quando una società fa propaganda, che sia a scuola o al parco, è naturale che venga a contatto con un ‘pubblico’ metà maschile e metà femminile, sta tutto nel tipo di proposta che viene fatta: se è inclusiva anche le bambine e le ragazze sono ben felici di cimentarsi con la palla ovale! Proprio per questo sempre molte più società, tra cui molte blasonate, lasciano le porte aperte anche alle bambine, che ripagano sempre con un entusiasmo contagioso!”.

E cosa fa, a tal proposito, la Federazione italiana rugby per migliorare la situazione?

“La Federazione, oltre che a occuparsi delle squadre Nazionali, della formazione delle giocatrici di alto livello, della creazione di programmi di sviluppo a 360°, deve facilitare ed agevolare il lavoro svolto dalle società nel quotidiano. Molto importante, per il mio settore, è stata la svolta che abbiamo dato in termini di linguaggio sia verbale che di immagini per tutte le pubblicazioni federali: ovunque ormai si parla di bambini e bambine, giocatori e giocatrici e le foto rappresentano equamente femmine e maschi. Può sembrare una piccola questione, in realtà stiamo continuando ad educare anche le nuove generazioni di educatori, allenatori ed arbitri”.

Prossimi impegni delle Azzurre?

“Prossimi impegni a livello di competizione saranno il test match di novembre contro la Francia, e poi il 6 Nazioni. Dopo il Mondiale di agosto, la squadra avrà tanti giovani innesti, non vedo l’ora di vederle all’opera!”.

Un sogno sportivo nel cassetto? 

“Di sogni ne ho tantissimi! Se devo proprio dire quello che, a livello sportivo, li riassume beh…vincere il 6 Nazioni Femminile con l’Italdonne, e magari con mia figlia in campo, se vorrà continuare a giocare”.

 

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