Tutto il calcio minuto per minuto

Riccardo Cucchi, la storia di Tutto il calcio minuto per minuto

Ha accompagnato non poche generazioni ad ascoltare il calcio attaccati a una radio, ha esaltato l’immaginazione di tanti ragazzi nel sentire le sue radiocronache di calcio, ha fatto esultare i tifosi quando la televisione non era ancora un bene di massa. Stiamo parlando di Riccardo Cucchi il quale, lo scorso febbraio, ha salutato gli studi di Tutto il calcio minuto per minuto per “riprendere in mano il suo vecchio violino”.

Con questa intervista, per la quale lo ringraziamo immensamente, abbiamo ripercorso alcuni momenti della sua carriera.

Come ha iniziato con “Tutto il calcio minuto per minuto”?

“Prima sognando che potesse succedere. Poi, assunto in Rai per concorso, preparandomi con corsi severi e rigorosi che venivano gestiti da grandi professionisti. Cito soltanto il nostro maestro di dizione, Arnoldo Foà. Fino al giorno del debutto, una gara di Coppa Italia tra la Fiorentina vice campione d’Italia e il Campobasso matricola di B. A quella gara era destinato Ezio Luzzi. Un’improvvisa febbre lo bloccò. Fui proposto io. Era il 23 agosto del 1981. Andò bene, mi dissero i capi di allora, e l’avventura iniziò”.

Com’è cambiato in 30 anni il rapporto tra calcio e radio?

“E’ cambiato come cambiano le cose della vita. L’avvento della tv ha modificato le abitudini degli italiani, che però, quando non hanno la tv a disposizione, sanno che la radio c’è. Con le sue antiche emozioni ed il fascino immutato. Non sono più 20 milioni come negli anni 60, ma sono tanti ed affezionati”.

Il calciatore che non dimenticherà mai?

“Maradona. Nessuno come lui sapeva trasformare il calcio in poesia, un gesto tecnico in arte, una corsa nell’episodio decisivo della partita, una traiettoria in magia”.

L’intervista più difficile?

“Proprio con Maradona. Mi chiesero, in occasione di Italia 90, un’intervista esclusiva con lui. Doveva raccontarci il mondiale vinto con l’Argentina. Credevo fosse una missione impossibile. Ci lavorai con pazienza. E l’ottenni. Nella hall di albergo di Ginevra dove il Napoli avrebbe giocato una partita di coppa. 20 minuti con lui, con un registratore e un caffè. Da soli a parlare di calcio. 20 minuti indimenticabili”.

Lo scorso febbraio ha annunciato di essere tifoso della Lazio, come nasce questa passione?

“Nasce da bambino, nato a Roma, e con un papà torinese tifoso granata. Decise di portarmi allo stadio per la prima volta per un Lazio-Lanerossi Vicenza. Mi innamorai di quelle maglie biancocelesti. E del calcio”.

Ci racconta una domenica tipo del radiocronista?

“Sveglia presto, colazione abbondante (a pranzo ho sempre preferito non mangiare) lettura dei giornali, rivisitazione degli appunti, ingresso allo stadio almeno due ore prima (per vivere l’atmosfera e cogliere le notizie dell’ultima ora) concentrazione massima durante la radiocronaca, interviste in diretta, servizi per il GR, volo di ritorno nel quale ripensare a ciò che si è fatto. Anche in termini critici. E il giorno dopo riascoltarsi e cogliere errori e difetti. Per non ripeterli”.

L’addio di Totti alla Roma. E’ l’ultimo numero 10 in Italia secondo lei?

“Penso di sì. E non solo per le sue qualità di fuoriclasse. Ma anche perchè il calcio non ha più bisogno di numeri 10. Servono corsa, combattività, resistenza atletica, rigore tattico. C’è meno poesia e più pragmatismo”.

Finale di Champions League: la Juventus ha deluso. Quali i motivi?

“Il Real era più forte della Juventus a Cardiff. E i bianconeri hanno ceduto fisicamente e psicologicamente nel secondo tempo. Peccato”.

Cosa farà Riccardo Cucchi lontano dal microfono?

“Scriverà, leggerà, ascolterà musica, proverà a riprendere in mano il suo vecchio violino. E la domenica ascolterà Tutto il calcio minuto per minuto. La più bella trasmissione di sempre”.

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