Tardelli al #FLA2016

Ho conosciuto Marco Tardelli!

Qual è stato il capitolo di cui parlare e quindi scrivere? E perchè?

Una semplice domanda scritta sul form del contest Messagge in a bottle realizzato dal Festival delle letterature dell’Adriatico, l’estrazione e incontri nel backstage Marco Tardelli.

E’ una storia vera, ed è capitato proprio a me venerdì 11 novembre quando al FLA 2016, ho avuto l’onore di stringere la mano al campione del mondo 1982 Marco Tardelli.

Un momento di celebrità con flash a destra e manca ai quali non sono abituata ma che mi hanno regalato un momento di emozione allo stato puro.

Quattro chiacchiere su Pescara che conosce perché “ho degli amici qui”, i complimenti per la vittoria e poi ascoltare la presentazione seduta tra le poltroncine “Riservato”.

E chi l’avrebbe mai detto!

Facciamo un piccolo passo indietro per dire che il Festival delle letterature dell’Adriatico si svolge a Pescara da 14 anni e con gli anni è cresciuto in qualità, quantità e spettatori (ne parlammo due anni fa quando il FLA ospitò il libro di Francesca Serafini).

Da Susanna Tamaro a Carofilio, da Baricco a Crepet per arrivare al premier Matteo Renzi, per citare alcuni nomi presenti nelle 14 edizioni del festival ai quali quest’anno si è aggiunto Marco Tardelli e la figlia Sara, autrice del libro su suo padre “Tutto o niente”.

Io e Tardelli
Io e Tardelli

Ecco, io venerdì 11 novembre ero lì nel mio posto in prima fila come vincitrice del contest, ad assistere alla presentazione moderata da Luca Sofri.

Due ore piacevoli, a tratti divertente nel vedere sul palco il botta e risposta tra padre e figlia nel ricordare momenti del passato tra pubblico e privato.

Un libro dove non si parla solo di Spagna ’82 ma del calcio in generale. Ve ne riportiamo alcuni estratti.

I calciatori e la depressione

“I calciatori si divertono ma ci sono anche periodi di incertezza che possono degenerare se sei fragile. Io non ho mai ceduto perché ho cercato sempre di reagire da solo. C’è anche da dire che oggi i giovani calciatori non si occupano di nulla, c’è un agente che fa tutto a loro nome così, quando appendono le scarpette al chiodo, si trovano in dif­ficoltà e han­no timori a ricominciare tutto da capo”.

Campioni del mondo

“L’esultanza? Ero matto e a volte esageravo anche da allenatore ma sono fatto così, faccio quello che mi dice il cuore. La squadra? Partimmo male e finimmo bene per una preparazione di­verse da quella del ’78 quando, al contrario, partimmo bene e finimmo male. Certo, in Spagna avevamo un po’ d’ansia però nel team vi erano giocatori im­portanti tipo Bergomi e Conti, poi c’era Paolo Rossi il quale non giocava da due anni cir­ca e fu un enigma ma con il tempo siamo cresciuti. Abbiamo affrontato squadre importanti come il Camerun che correva parecchio. Qualificati con tre pareggi, siamo avanti fino alla vittoria finale”.

Il campionato di Serie A

“La Juventus è al di sopra delle altre perchè quando c’è da vincere, vince mentre le altre arrivano al mo­mento clou e pareggiano. È un campionato povero, non vedo una squadra che possa far fastidio ai bianconeri, forse la Roma. Se sono tifoso? Tifo Inter per un solo motivo: i miei fratelli sono tifosi di Milan, Juve e Fiorentina e volevo distinguermi da loro. La mia maglia è quella azzurra”.

 

Sara Tardelli, autrice del libro si racconta così: “Ho scritto il libro perché lo hanno chiesto a pa­pà e papà lo ha chiesto a me perché lo conosco me­glio dei giornalisti e poi perché è il mio mestiere: scrivo per la televisione e volevo mettermi in gioco con un libro. Sono stata contenta di aver passato un po’ di tempo con lui – le parole di Sara Tardelli – Inoltre è stato un momento importante in quanto ho sempre avuto paura di non riuscire chiedere tutto ciò che volevo alle persone che amo quindi il fatto di aver scritto un libro su mio padre e averlo convinto a par­lare, mi rende davvero felice. Essere figlia di un calciatore? Tanti padri fan­no mestieri che li portano lontano dalle loro famiglie, il mio è uno di questi. Il problema è stato il rapporto con la sua notorietà, sentivo le pressioni e vivevo un imbarazzo costante. Passato questo momento ho dovuto fare i conti con me stessa e capire cosa era importante: fare qualcosa che ti appassiona”.

La risposta alla domanda iniziale? Eccola: “Quello sua mia famiglia e la mia vita provata”.

Di seguito il momento in Marco Tardelli parla di Paolo Rossi

 

 

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