Saluzzo, piccola località in provincia di Cuneo, e il calcio femminile che non ti aspetti. Sì, perchè in questa cittadina piemontese c’è una realtà che si chiama Musiello Saluzzo costituta nella stagione 1999/2000 per volontà del presidente Domenico Pellerino il cui percorso sportivo prese avvio dalla Serie D. Oggi siamo di fronte a un team di Serie B, terza forza del campionato.
Un percorso in ascesa frutto anche di scelte importanti e decisive prese dal Direttore sportivo Andrea Rubiolo che, in questa intervista, ci parla del suo lavoro e del calcio femminile.
Lavorare come Direttore sportivo in una squadra di calcio femminile, che tipo di difficoltà si incontrano?
“Le difficoltà sono molteplici. In primis devi spesso confrontarti con un portafoglio vuoto ed in seconda battuta il ruolo viene poco rispettato poiché si avvicina alla figura del professionista, in un contesto in cui però il professionismo non c’è. Per superare il primo problema devi avere una credibilità molto forte, convincendo le ragazze non con i 50 euro ma con le qualità umane. Credo, infatti, che il 99% delle ragazze preferiscano non avere introiti ma piuttosto divertirsi in un ambiente sicuro e piacevole. Riguardo alla seconda problematica dico solo: chi ha ambizione prima o poi realizza il proprio sogno, gli altri resteranno a guardare”.
Che tipo di realtà sportiva c’è a Saluzzo?
“E’ una realtà sportiva sana e pulita. Certo non si naviga nell’oro, ma cerchiamo di non far mancare nulla alle ragazze spesso mettendo mano al portafoglio di mister, Direttore sportivo e dirigenti. Abbiamo tre squadre: la Serie B che sta ottenendo i risultati che tutti vedono, la Primavera che prova a crescere ed una Serie D che abbiamo creato per dar la possibilità alle ragazze non adatte alla Prima Squadra e non più in età di Primavera di giocare a calcio. Io da quest’anno seguo principalmente la Serie B, avendo impegni lavorativi e professionali che mi occupano sempre più tempo, e posso dire di essere contento di ciò che stiamo ottenendo”.
Dalla Serie D alla Serie B nel giro di pochi anni: qual è il punto di forza delle ragazze del Musiello Saluzzo?
“Innanzitutto devo specificare una cosa. Delle ragazze che ho trovato il primo anno non ce n’è più nessuna. Per avviare un processo di crescita devi trovare ragazze disposte al sacrificio con voglia di mettersi in gioco. Spesso abbiamo dovuto far scelte impopolari che però, hanno portato i frutti nel tempo. La Serie B è arrivata nell’anno dove forse meno lo si aspettava. Infatti abbiamo combattuto per tre anni ai vertici della Serie C perdendo due campionati nelle ultime giornate. Due anni fa, seppur con defezioni importanti sotto il profilo della rosa, abbiamo ottenuto lo switch che cercavamo a livello mentale vincendo pur non essendo favorite. Nelle ultime due stagioni poi è stato straordinario il lavoro fatto con l’arrivo di mister Roberto Panigari, un professionista del manto erboso, con il quale ho lavorato sempre in sintonia portando a Saluzzo giocatrici che neanche sapevano dove fosse la nostra città. Dopo aver divagato posso dire che il punto di forza della nostra squadra è senza dubbio il gruppo: granitico e ben amalgamato, partendo dalla società ed arrivando alle ragazze, passando per tutto lo staff tecnico e dirigenziale al seguito”.
Il suo lavoro è principalmente scoprire talenti. Esistono calciatrici promettenti in Italia?
“Assolutamente si. Mi vengono in mente giocatrici come Manuela Giugliano, Lisa Boattin e Martina Piemonte. Sabato scorso sono andato a vedere Luserna-Res Roma ed ho visto due ottime giocatrici come Palombi e Greggi, oltre a Flaminia Simonetti che già conoscevo. L’Italia è piena di talenti e nel mio piccolo posso dire di averne trovato qualcuno come ad esempio Francesca Mellano che fa parte della Nazionale Under 19. L’ho scovata in un paesino di montagna sotto una pioggia torrenziale nell’aprile del 2011: questo è il lavoro che dovrebbe fare un dirigente degno di questo nome. Se Fossi rimasto a guardare la televisione, sicuramente non sarebbe venuta da noi. E’ questo che dobbiamo fare: cercare. Perché il talento c’è, ma solo per chi lo vede”.
A suo avviso, qual è il vero problema del calcio femminile italiano?
“Come sempre voglio essere impopolare, sperando di smuovere qualche coscienza. I problemi del calcio italiano sono molteplici e riguardano tutti i suoi attori: giocatrici, presidenti, dirigenti e allenatori. Spesso mi trovo di fronte a persone appartenenti a queste categorie che dicono cose senza senso. I presidenti devono fare i presidenti, ovvero scegliere le persone che ritengono più adatte a svolgere il lavoro dandogli un budget con il quale lavorare cercando di aumentarlo di giorno in giorno con politiche di valorizzazione della società. I dirigenti devono essere il tramite tra la società e la squadra, mettendola nelle condizioni di rendere al meglio senza perseguire interessi personali. Gli allenatori devono studiare per migliorarsi, non devono sentirsi arrivati perché portatori di poche nozioni, credendo che bastino quelle per allenare delle ragazze che spesso assimilano più dei maschi. Le giocatrici, infine, non devono trincerarsi dietro agli stereotipi che guidano, ahimè, l’Italia maschilista. Sarà una dura lotta”.
Quali potrebbero essere le soluzioni?
“I dirigenti vanno istruiti e possibilmente vanno scelti in base alle competenze che posso applicare alla società. Gli allenatori devono studiare e sarebbero auspicabili incontri e lezioni tenute da professionisti non solo una volta all’anno. Le giocatrici devono continuare a lottare per ciò che gli spetta, sempre sostenute dalle istituzioni. E riguardo a queste ultime voglio aprire una parentesi: finché le scuole lasceranno fuori il calcio femminile a causa di retaggi filo medioevali, la mentalità non cambierà mai. Le famiglie continueranno ad indirizzare le bambine verso altri sport, i numeri non cresceranno, il livello resterà uguale, gli investimenti pubblici e privati saranno ancora minori e le società chiuderanno”.
Ultima domanda: un sogno che vorrebbe veder realizzato in qualità di professionista dello sport.
“Bella domanda. Ne ho tanti ma ne scelgo uno. Mi auguro che nell’arco di pochi anni ci siano sempre più professionisti nel settore del calcio femminile che spesso viene lasciato in mano a personaggi a dir poco disarmanti. Un avvenimento del genere consentirebbe al settore di crescere in fretta com’è successo negli altri paesi. Questo è il mio sogno, ma per come sono messe le cose in questo momento credo che dovrò stare sveglio ancora a lungo”.
Articoli simili: Giancarlo Giannandrea