calcio & storytelling

Calcio & Storytelling in video conference

Metti un pomeriggio in quarantena davanti al pc pronti per partecipare a Calcio & Storytelling con Fabrizio Gabrielli.

Un appuntamento web che nasce da Off Side Festival Italia che, dal 2017, genera workshop con l’intento di parlare di calcio e nuove professioni.

L’incontro svoltosi nei giorni scorsi comunque non ha voluto raccontare solo come nasce il libro di Gabrielli “Cristiano Ronaldo. Storia intima di un mito globale” (ci è venuta comunque voglia di acquistarlo e leggerlo!) ma soprattutto ragionare sul raccontare storie.

Ne avevamo parlato con Jvan Sica qualche settimana fa e, con questa video conference, abbiamo approfondito l’argomento.

Diciamo subito che Fabrizio Gabrielli è il vice direttore di Ultimo Uomo, il webmagazine di calcio seguito da tanti tifosi e non solo per il suo modo di raccontare storie dello sport più bello del mondo.

Secondo voi è facile fare storytelling in più sportivo? Da quello che abbiamo capito, ascoltando Gabrielli è che si possono raccontare storie sotto diversi punti di vista.

“La differenza principale – racconta Fabrizio – tra lo sport writing e il giornalismo sportivo, sta nel fatto che uno sport writer mette in risalto il dettaglio laddove il giornalismo è più generalista. L’unico aspetto in comune invece sono le famose 5 W da cui bisogno necessariamente partire. Un esempio pratico: in uno scatto, il giornalista sportivo vede il gesto in sé, oggettivo; la letteratura sportiva vede l’aspetto emotivo nello scatto dell’atleta”.

Un’altra differenza che l’autore evidenzia è tra letteratura sportiva e la scrittura sportiva: “La prima troppo ancorata al concetto di letteratura di racconto della storia, la scrittura sportiva è una mescolanza di elementi a volte antitetici al calcio”.

Quindi: “La letteratura sportiva, la storia, sarà interessante nel momento in cui si libera dagli orpelli della letteratura classica abbracciando altre dimensioni, altri aspetti. Sarebbe dunque importante tornare alla multidisciplinarietà”.

Scrivere storie di calcio che non siamo storie qualunque… vai a capire poi quando una storia è una storia “qualunque”…

Fabrizio Gabrielli

“Sono le storie che scelgono noi, non il contrario – precisa l’autore Gabrielli – Tra le cose importanti nel momento in cui si decide di raccontare una storia sono: l’originalità nel modo di esporre e l’approccio. Nel momento in cui una storia diventa tua ha già qualcosa di raccontare. Nello scegliere le persone, e non gli atleti attenzione, è necessario puntare su chi possiede tratti con cui sono definiti e identificati. Per esempio, scrivere il libro su Cristiano Ronaldo è stato molto interessante perché non riuscivo a capire dove finiva il suo essere cattivo e iniziasse il suo essere buono; o meglio non si capisce perché si punta l’accento sulla sua parte cattiva anziché quella buona. Il punto di partenza sono stati i miei dubbi su lui e sul fatto che mi risultava difficile comprenderlo, di conseguenza, non lo apprezzavo. Scrivendo di lui poi ho capito che i dubbi non erano su lui ma su di me; lì ho capito che CR7 è più vicino e simile a noi di quanto possiamo immaginare”.

Cristiano Ronaldo, il mito per tanti bambini e più grandi; chi non vorrebbe un libro su uno dei protagonisti assoluti del calcio mondiale.

L’attualità dunque di fare storytelling sportivo “un qualcosa che ho capito grazie a Ultimo Uomo – racconta Gabrielli – prima cercavo pretesti per scrivere di calcio, puntavo su storie che, giornalisticamente parlando, erano articoli freddi, del passato. Con il webmagazine ho capito che parlare dell’attualità può essere interessante se c’è voglia di raccontare una storia, se ci si mette del proprio, se si caccia la propria voce”.

Scrivere una storia, raccontare…pare facile!

“Il consiglio che mi sento di dare – conclude Fabrizio Gabrielli– è di non credere che non si possa scrivere di sport senza avere una preparazione accademica, così come non credere che si possa scrivere con leggerezza. Serve costanza e applicazione, abbandonare i pregiudizi e provare a non farsi prendere dall’ansia della pubblicazione”.

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